Il marmo

Leggere "Il Marmo" è come acquistare un biglietto per il cinema, sedersi in poltrona e ritrovarsi di colpo nell'abitacolo di un treno delle montagne russe. Il racconto parte in sordina (il treno si mette in moto), con il protagonista che non riesce proprio a ricordasi il motivo per il quale gli balena in mente l'immagine di sé stesso che si guarda i genitali, seduto su una lastra di marmo, con i pantaloni abbassati. Converrete con lui che non si tratta di qualcosa di cui ci si possa dimenticare facilmente. Eppure nulla, il nostro ha un blackout totale (il treno affronta la salita). Eppure, c'è un cosa che ora gli viene in mente. Una cosa da nulla. Si ricorda di quella volta che è andato al supermercato cinese e il cassiere non aveva il resto esatto da dargli, costringendolo così a prendere dall'espositore sul bancone la paccottiglia più varia per arrivare all'importo esatto della somma mancante (il treno è arrivato all'apice della salita). Da questo fatto prende il via tutta una serie di eventi che deragliano completamente dall'ordinario (per restare nella metafora del treno, che qui si lancia nel discesone e poi affronta mille giri della morte): l'intreccio prende una piega che non saremmo in grado di prevedere nemmeno leccando un secchio di rospi psicoattivi sudamericani. Non voglio svelare nulla della trama, ma solo avvertire il lettore che si troverà a vivere l'esperienza del protagonista in prima persona, con annessi e connessi di profondo straniamento e tachicardia galoppante.

La storia cresce pagina dopo pagina. Oggetti poco in comune fra di loro acquisteranno il significato capitolo dopo capitolo.