Il ventesimo anniversario del genocidio ruandese ha riportato l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale al Ruanda e, in particolare, alle circostanze che portarono, nel 1994, all'uccisione del 20 per cento della popolazione totale del paese e del 70 per cento della popolazione Tutsi. In questo contesto, risulta illuminante
Nostra signora del Nilo, il primoromanzo di Scholastique Mukasonga, il cui tardivo debutto letterario ci ha già offerto un'autobiografia, un ritratto della madre e una raccolta di novelle. Il romanzo è ambientato negli anni settanta in un esclusivo liceo classico femminile ruandese, lontano da tutto ma prossimo alla sorgente del Nilo, sovrastata dalla statua di una madonna nera che dà il nome alla scuola. In questo microcosmo degno dei peggiori incubi di Peter Weir, le ragazze instaurano relazioni sempre sul filo del rasoio, mostrando la crudeltà e a volte anche l'ingenuità dell'adolescenza. Le suore e gli insegnanti per la maggior parte europei che devono gestire queste studentesse riproducono, in modo più o meno consapevole, varianti dei diversi stereotipi del rapporto colonizzatore/colonizzato. La figura, tra queste ultime, forse più inquietante agli occhi di un europeo è quella di Monsieur de Fontenaille, convertitosi dalle piantagioni di caffè all'etnografia fantasiosa, sempre alla ricerca di belle liceali Tutsi da coinvolgere nelle sue rievocazioni storiche che vedrebbero i Tutsi come discendenti di antiche popolazioni non autoctone. Questa situazione di partenza, già morbosa, diviene terrificante mano a mano che il lettore si rende conto di quanto la realtà del liceo rispecchi le discriminazioni già ampiamente attuate nel resto del paese. E così le due studentesse Tutsi iscritte a scuola vengono considerate delle approfittatrici in quanto, pur dovendo la loro presenza alla quota loro riservata, avrebbero rubato il posto a "rappresentanti del popolo maggioritario". L'unica studentessa di madre Tutsi e padre Hutu viene considerata inaffidabile. La figlia del funzionario di partito controlla che il comportamento degli altri sia in linea con quanto richiesto dal presidente. Questo clima intellettuale e politico porterà il microcosmo del liceo a un sanguinoso rivolgimento che rappresenta in scala minore ciò che si è dovuto verificare nei primi anni settanta, alla vigilia del colpo di stato (ufficialmente incruento) che ha rovesciato il presidente Kayibanda. S'immagina un'ispirazione autobiografica per questo romanzo, dato che la scrittrice è nata nel 1956, ha frequentato una scuola superiore che accoglieva le alunne a pensione e l'ha dovuta abbandonare nel 1973 per esiliarsi in Burundi al fine di sfuggire alle stragi e ai pestaggi di Tutsi da parte degli Hutu. Tuttavia il romanzo riesce a raccontare una storia terribile e, s'immagina, particolarmente dolorosa per chi l'ha concepita, da una prospettiva più ampia, non priva di alcune pagine umoristiche o sarcastiche, ad esempio quelle che riguardano i laboriosi preparativi che coinvolgono tutto l'istituto per accogliere la regina Fabiola del Belgio. In un'intervista riguardante i diversi premi letterari ottenuti da
Nostra Signora del Nilo, Mukasonga ha specificato che lo humour è un tratto tipico della cultura ruandese. Nonostante viva in Francia dal 1992 e sebbene proprio in Francia, nel 1994, abbia appreso dell'uccisione di ventisette membri della sua famiglia, inclusa la madre, questa scrittrice riesce a manifestare un sufficiente distacco dalla storia narrata nel romanzo, tanto da riuscire a strappare qualche amaro sorriso ai suoi lettori. Persino uno dei momenti chiave della vicenda, quando una studentessa vuole sfregiare la statua della Madonna per applicarle un "naso hutu", è raccontato in modo da mettere in rilievo la goffaggine, l'incoscienza, l'ignoranza che animano la giovane. Certo, proprio il distacco e a tratti lo humour con i quali il romanzo è narrato rendono ancora più raccapricciante il quadro generale. Le violenze sempre più efferate vengono vissute dalle protagoniste con la crudeltà dell'esaltazione cieca. Anche le vittime degli eventi, che pure sanno di essere destinate a una brutta fine, non sanno salvarsi. Solo il caso o un passeggero umore adolescenziale potranno sottrarre i personaggi a un fato avverso. Questo romanzo contribuisce ad indagare su un passato vicino e per nulla superato e ci suggerisce che ignoranza, crudeltà e superficialità non sono mai troppo lontane nello spazio e nel tempo. Infatti, le adolescenti di Nostra Signora del Nilo, con i loro sentimenti esacerbati anche perché lungamente frustrati e contenuti, ci sono davvero familiari. Anche le figure degli adulti, tutti in diversa misura meschini, hanno tratti universalmente riconoscibili, così come lo squallore delle relazioni umane evocate con tanta precisione. Non resta che sperare che la storia (e questa storia) ci insegnino qualcosa. Paola Ghinelli