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Washington Irving (1783-1859) è considerato il padre della letteratura umoristica americana. E questo nonostante sia più famoso per le cupe atmosfere de "La leggenda di Sleepy Hollow". Viaggiatore instancabile, fu uno dei grandi spiriti nomadi della letteratura dell'Ottocento. Irving percorse le praterie dell'Oklahoma al seguito di una spedizione militare trovandovi l'ispirazione per il reportage che abbiamo tra le mani: "Viaggio nelle praterie del West". Irving lo scrisse praticamente in sella al suo cavallo, con il quale attraversava il selvaggio West americano, con la sola altra compagnia di un fucile e di una coperta. Nella nuova versione pubblicata da @edizionispartaco la postfazione è del fumettista Massimiliano "Leomacs" Leonardo (tra le altre cose ha realizzato varie storie per la Sergio Bonelli Editore con protagonista Tex Willer). I capitoli sono introdotti da una serie di brevi titoli disposti in sequenza, proprio alla "vecchia maniera". Quello che Irving racconta è un viaggio lungo oltre un mese, al seguito di una piccola spedizione proveniente da St Louis sulle rive del Missouri e lungo la linea di frontiera segnata dalle agenzie indiane e dalle missioni che si estende dal Missouri all'Arkansas. Man mano che i viaggiatori esplorano questa sconfinata terra, Irving è sempre più sedotto dal fascino della frontiera: allora campo libero di possibilità, aspirazioni e speranze, eppure "mobile" per definizione. Gli ambasciatori di questa "fine imminente" sembrano essere le api, che si spostano in avanti più l'uomo bianco avanza e più il "pellerossa" retrocede...
Essendo amante dei cavalli, mi sono lasciata trascinare dalla copertina e dall' idea di leggere un'avventura emozionante. Le prime pagine sembravano promette bene, poi la narrazione si è rivelata monotona. Gli avvenimenti descritti sono ripetitivi e poco appassionanti per un viaggio nel West.
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