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Che sia un libro scritto divinamente e dall'intreccio ben congeniato non c'è alcun dubbio. Difatti è sicuramente colpa mia se ho fatto fatica a proseguire nella lettura, non tanto a causa dei primi capitoli che adattano il linguaggio all'epoca che vogliono raccontare (sono perlopiù incomprensibili vi avverto), quanto per una pesantezza generale che permea le vicende che si dipanano attraverso i secoli. Alan Moore è un autore sapiente, ma talvolta si dimentica del lettore. O meglio, di quello non penso che gliene sia mai importato molto...
Quando ad Alan Moore chiesero perché avesse scritto il primo capitolo in un linguaggio completamente inventato lui rispose in maniera sorprendente e provocante: per tenere lontana la feccia. Perché diciamola tutta, Alan Moore non è una lettura semplice per tutti, anzi, ma è sicuramente uno scrittore in grado di lasciarti qualcosa dentro. Ogni sua parola è perfettamente ponderata, i capitoli del romanzo non sono altro che piccoli tasselli di un puzzle enorme che possiamo ammirare - e goderci - solo quando leggeremo l'ultima riga di questo romanzo intenso e profondo. Una lettura difficile ma necessaria!
Moore è davvero il genio che dicono. Non bastano opere fumettistiche colossali come From Hell, imponenti come V for Vendetta o Promethea, la rivoluzione in ambito horror/supereroistico con Swamp Thing e Watchmen, il mondo della lega degli straordinari gentlemen. Il suo primo e finora unico romanzo è un viaggio nel fuoco, selvaggio e ostico all'inizio (il capitolo "Il maiale di Mag" è una bella gatta da pelare ma regala soddisfazioni) e poi in discesa attraverso millenni di storia, nelle viscere di Northampton, il centro di Londra e residenza da sempre dello scrittore, centro del mondo, dell'universo, calamita in cui gravitano e si scontrano eventi ciclici e magici. La prosa di Moore è barocca e fuori dall'ordinario, si adatta al tempo in cui narra (in prima persona). Ogni capitolo sembra un racconto a sé stante ma la grandezza de "La voce del fuoco" è l'unione di queste scintille, a provocare un incendio. Non ha senso saltare un capitolo in favore di un altro. Si tratta di un fiume in piena da attraversare con coraggio e fede. Arrivati alla fine sarete ampiamente ripagati da un ultimo capitolo chiarificatore e che rimette in gioco di nuovo tutto il libro, a quel punto bramoso di farsi rileggere anche se non nell'immediato. Che Alan Moore sia uno dei più grandi scrittori viventi è un dato di fatto. Purtroppo questa è il suo unico romanzo. Ma all'orizzonte si profila il gigantesco Jerusalem, più corposo di una Bibbia a quanto sembra: la continuazione del discorso iniziato da "La voce del fuoco". Se qui siamo di fronte ad un grande romanzo, ambizioso come pochi e pieno di atmosfera e morbosità, il prossimo credo sarà un capolavoro annunciato. Non vedo l'ora. Accenderò il fuoco nell'attesa, riparandomi dal freddo e, spero, dalle voci che escono dal rogo.
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