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Ho letto il dossier alla cui stesura ho in parte contribuito: il mio nome compare tra gli autori in controcopertina, assieme agli psichiatri Guglielmo Campione e Augusto Iossa Fasano, nonchè dello psicologo del lavoro Vittorio Tripeni. Sono altresì citati due pseudonimi di amiche/colleghe tuttora in servizio, le quali hanno volentieri donato la loro storia professionale. Le nostre tre storie hanno lo scopo di testimoniare che la condizione di burnout* potrà e dovrà essere riconosciuta attraverso un'accurata autoanalisi di musattiana memoria, senza vergogna e soprattutto evidando la solitudine che inevitabilmente ne consegue. La condivisione del disagio psicofisico è requisito essenziale per evitare il precipitare della situazione in vera e propria patologia psichiatrica conclamata: la cima della piramide descritta nel testo stesso e visibile on line in www.fondazioneiard.org di cui il dr.Vittorio Lodolo D'Oria è referente dell'Area Scuola e Sanità. Affermo, senza ombra di dubbio, che il testo è attualmente l'unico strumento davvero innovativo e indispensabile a tutti coloro che hanno a cuore la scuola (operatori, docenti, genitori e nonni, ma anche studenti che viovono a specchio il disagio) dalle materne all'università! Particolarmente significativa la presentazione del luminare della neuropsichiatria prof. Giovanni Bollea che parla di vero e proprio "delirio narcisistico" di molti dei "casi" riportati nel testo stesso, facilmente riconoscibili nella quotidiana realtà scolastica. Sono infatti tipologie umane molto simili a quelle dantesche descritte nella "Commedia" del sommo poeta: veri paradigmi umani, dei quali spesso non sappiamo leggere i segnali di disagio emessi nel corso della malattia che lentamente "monta". *situazione di disagio profondo non ancora presente tra le patologie nel manuale diagnostico internazionale DSM IV e perciò sin'ora osservata prevalemtemente dagli psicologi come giustamente segnala la presentazione del libro dell'illustre ex ministro MIUR Tullio De Mauro
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