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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2015
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Citato da Montanelli e Augusto Guerriero, Lippmann sviluppa l'indagine, esponendo i singolari aspetti del volubile comportamento umano. Stereotipi condizionano la folla; così è impossibile prevedere le sue inclinazioni. Perché fissare norme, pianificare a priori come i collettivisti, credendo d'interpretare le aspirazioni delle masse? Siamo stimolati da curiosità in modi distinti. L'ignoto seduce e siamo attratti da nuove prospettive; stuzzicati da dubbi cerchiamo nuove risposte, accettando sfide nell'intuito di superarci; improvvisando ci mettiamo alla prova fin dall'infanzia. Sbagliamo, correggendoci. Vie infinite offrono prospettive nuove e incerte; tutto è volubile; inutile stabilire mete previamente. Niente è scontato; tutto dipende da circostanze. Lo insegna Hayek: con mezzi similari si possono ottenere risultati distinti; con metodi differenti - ed anche opposti - si possono raggiungere obiettivi similari. Popper afferma che l'avvenire è aperto; la ricerca non ha fine e la conoscenza non si esaurisce. Milton Friedman integra il concetto, difendendo il diritto degli individui alle loro libere scelte. Con quasi novant'anni, il saggio giunge a noi negli anni '60 mentre balliamo il Walzer: due giri a sinistra e mezzo a destra; una lezione per l'endemico provincialismo nostrano ostinato indovino del futuro: le obsolete dottrine di Keynes fissano ipoteche sul merito contemporaneo, onerando i posteri dei costi di errori attuali. La storia mostra la crisi degli anni '30; l'epilogo di politiche che stimolano la speculazione ed il collasso economico. L'affermazione è dello stesso Friedman che ne ha i titoli. Come con la Repubblica di Venezia superata dall'innovazione di nuove potenze, il fenomeno si ripete; e non solo nell'America di questi ultimi anni, ma anche se, non soprattutto, da noi: l'esperienza di ridurre la libertà all'iniziativa privata, oltre ad inibire innovazione, ricerca e sviluppo, lede i meriti e compromette il presente dell'Europea burocratica.
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