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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2011
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Splendidamente scritto. Una riflessione sui viaggi e sulla vita
E' un grande romanzo, e non solo di viaggi, perché pieno di umanità, i personaggi hanno un grande spessore emotivo e credo che non li dimenticherò facilmente, specialmente Anna che deve fare i conti ogni minuto della sua vita con la malattia mentale. A pagina 53 leggiamo: "...uno degli elementi più irresistibili di un viaggio, il senso di terrore che soggiace a tutto, che rende più intense e acute le sensazioni, ...". L'autore analizza e descrive bene i legami e le tensioni che nascono dalle frequentazioni durante un viaggio. A pagina 126 leggiamo: "...sto scrivendo di me solo, ..., ed è proprio per questa ragione che ho sempre fallito in ogni amore, ...". Notevoli le pagine in cui Damon lotta per salvare la sua amica Anna. Però, nei dialoghi, ritengo che quando si pongono delle domande vada messo il punto interrogativo. Un po' abusato anche l'uso di spazi bianchi per indicare stacchi temporali o emotivi. Interessante il rapporto un po' ambiguo di Damon col compagno di escursioni Reiner.
Recensioni
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Un uomo cammina per pianure, montagne e città; è solo con se stesso anche quando si accompagna ad altri. Nelle latitudini sconfinate e sempre diverse di tre continenti sembra volere sperimentare la possibilità di un incontro significativo con l'altro, di un rapporto che vada oltre la casualità, che sia capace di resistere nel tempo a prove estreme, ma ogni volta è sconfitto dalla propria incapacità di andare oltre se stesso di e offrirsi all'altro senza riserve.
Il nuovo romanzo del sudafricano Damon Galgut, In una stanza sconosciuta, nell'originale sottotitolato Three Journeys, finalista al Man BookerPrize 2010, non utilizza tuttavia i moduli convenzionali del travel book perché non sono i luoghi a interessare il narratore, a cui i paesaggi appaiono "una serie di forme, trame e linee che non hanno alcun rapporto con lui", quanto l'indagine intorno a un sé oscuro e ossessivamente osservato. L'esperienza stessa del viaggio appare così vanificata nella sua percezione: "Un viaggio è un gesto inscritto nello spazio, svanisce nel momento stesso in cui viene compiuto. Vai da un luogo a un altro, e da lì in un altro luogo ancora, e dietro di te già non c'è più traccia del fatto che ci sei stato (
) perfino l'aria si chiude come acqua alle tue spalle". La "strange room" del titolo finisce per identificarsi con lo spazio ridotto di un io sconosciuto.
I "tre viaggi" del romanzo corrispondono a sezioni coerentemente intitolate non a luoghi ma a tre modi d'essere del camminatore solitario, omonimo dell'autore, in rapporto con l'altro: il seguace, l'amante, il guardiano. Nel primo, ambientato tra Grecia e Lesotho, irretito nell'orbita magnetica di un misterioso giovane tedesco verso il quale sente un'attrazione che potrebbe a ogni momento sfociare in qualcosa d'altro, il narratore si descrive come colui che segue, o forse insegue, vanamente l'altro, mentre la carica erotica si stempera in un malcelato conflitto di potere. Nel secondo, tra Malawi, Tanzania e Svizzera, il camminatore si aggrega a un gruppetto eterogeneo di viaggiatori soggiogato dal fascino di uno di loro. Come nell'esperienza precedente, la tensione e l'attrazione reciproca non producono altro che frustrazioni e attese estenuanti. Nel terzo, ambientato in India, il protagonista si accompagna a un'amica depressa, alcolista e con tendenze suicide, nel tentativo estremo di aiutarla a ritrovare il suo equilibrio. Fallirà, anche questa volta, nonostante l'impegno e il coinvolgimento totale. Non gli resta che riprendere il suo viaggiare compulsivo da un punto all'altro del globo.
Lo stile scarno e asciutto di In una stanza sconosciuta ricorda la scrittura più intima di Coetzee, quella di Infanzia e di Tempo d'estate; e anche altri elementi lo ricordano, come le frequenti spaziature nella pagina, la scarsa punteggiatura, lo sdoppiamento dell'io narrante in un tu o un lui. In Galgut l'alternanza pronominale tra prima e terza persona, ripetuta con frequenza e anche nella stessa frase, crea a volte qualche confusione e non riesce a sottrarsi a un senso di gratuità.
Il disinteresse ostentato per eventi politici, elezioni, situazioni dei paesi attraversati dal suo viaggiatore esprime una frattura tra sé e il mondo difficile da compensare. Damon Galgut, tra i più apprezzati romanzieri della scena letteraria sudafricana contemporanea, sembra esprimere con questa storia un'ossessione autoreferenziale: "Io sto scrivendo di me solo, non conosco altro, ed è proprio per questa ragione che ho sempre fallito in ogni amore, vale a dire nell'essenza della mia vita". Funziona tuttavia ai fini della leggibilità un'indubbia capacità nel costruire la tensione narrativa, come nei due romanzi precedenti apparsi in italiano, Il buon dottore e L'impostore, ambedue per Guanda, in cui l'oscura minaccia e il senso di mistero dominante ben rappresentavano la confusione morale dei personaggi nel mondo sovvertito del post-apartheid.
Paola Splendore
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