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Anno edizione: 2021
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un poema epico!
...da conservare come un documento sulla storia del tour. Bravo Mura festeggio questa pubblicazione con lampredotto e vino Chianti.
Il libro definitivo del più grande giornalista e scrittore sportivo italiano di sempre. L'ho letto e lo rileggo continuamente come un romanzo. Queste cronache sono davvero il meglio che il Meglio abbia prodotto. Grazie maestro Mura e prosit!
Recensioni
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"Il Tour per me non era una corsa che si svolge in Francia, o un pezzo di Francia in movimento, ma 'la' Francia. Come la voce di Edith Piaf, le Gauloises senza filtro, il pastis, la baguette e forse il sorbetto al cassis. La Francia dei poeti, degli chansonniers, dei giocatori di pétanque sotto i platani, dei campi di girasole a perdita d'occhio, delle chiatte lungo i canali, delle città con una luce speciale (Arles, Tolosa, Bayonne, Agen, Lilla)". Così scrive Gianni Mura nella prefazione al suo libro La fiamma rossa, curato da Simone Barillari, che raccoglie i pezzi migliori di una lunga presenza sulle strade del Tour de France, dagli "anni lontani" ('67-72), attraverso gli "anni di Indurain" ('91-96) e gli "anni di Pantani" ('97-98), sino agli "anni di Armstrong" ('99-05). Durante questi cicli storici, segnati dalla presenza di un campione in grado di illuminare con la sua luce una corsa comunque leggendaria, il tempo ha profondamente mutato le atmosfere in cui si muoveva e muove la carovana del Tour, separando per sempre suiveurs e appassionati dall'immediatezza e dall'autenticità che si avvertivano fino agli anni settanta.
La dimensione umana della corsa, vissuta e amata dall'autore nelle sue prime esperienze, si è progressivamente dissolta, per lasciare il posto al gigantismo pubblicitario e mediatico e all'isolamento dei protagonisti, con la scomparsa quasi totale del dopocorsa, con quell'antica e felice convivenza di corridori e giornalisti negli stessi alberghi, alle stesse cene, in una dimensione familiare capace di far scaturire verità più profonde, rispetto al semplice, freddo esito agonistico. Non è più il tempo dei Tour di piccole dimensioni, che facevano tappa nelle grandi città, con gli addetti ai lavori sempre ospitati dagli alberghi vicini alle stazioni: Hotel des Voyageurs, Terminus, de la Gare, de France, d'Angleterre, de la Couronne, des Palmes, du Nord; ancora l'autore li ricorda e li rimpiange, testimoni di un tempo felice e perduto, che si può ricordare, ma non più rivivere.
Certo, le gesta dei ciclisti sono ancora esaltanti, e capaci di colpire nel profondo l'immaginazione, degli appassionati e di chiunque comprenda la fatica di questo sport: un esempio tra tutti, quello di Pantani, ovunque amato per le sue incredibili capacità di scalatore, ma soprattutto per il suo incarnare fisicamente la sofferenza della fatica, e per la sua tenacia in grado di piegare a lungo un destino carico di incidenti e di sfortune. Mura si sofferma sulla sua tragica parabola, sull'incapacità di accettare un verdetto sportivo limitato e parziale, ma in grado per lui di infangare tutto quanto aveva compiuto sino a quel momento. La sensazione di essere stato vittima di un complotto (ipotesi per altro avvalorata da eventi molto sospetti) ha reciso per sempre in lui quella capacità di recupero e di lotta contro le avversità che lo aveva sempre sostenuto sino ad allora; la sua vicenda, capace di suscitare pagine di grande intensità e commozione, mostra quanto gli eroi del ciclismo siano sempre sospesi fra il trionfo e la tragedia, come gli antichi guerrieri, e quanto sia preziosa l'opera di chi narra le loro gesta, per svelare a chi legga le geometrie inflessibili del destino. Giovanni Catelli
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