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Anno edizione: 2023
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Byung-Chul Han, filosofo tedesco-coreano, è uno dei più interessanti filosofi contemporanei in Nello Sciame. Visioni del digitale (Nottetempo, 2015) ci porta a riflettere sulla mutazione del soggetto nell’epoca contemporanea, sulla pervasività dei dispositivi digitali, dove ormai tutto è pubblico e il confine tra intimità e privacy è quasi nullo. Sul senso delle informazioni e su come l’uomo sia cambiato: non più parte di una folla, ma immerso in uno sciame digitale. «Evidentemente, oggi ci troviamo di nuovo in una crisi, in un passaggio critico del quale sembra essere responsabile un altro sovvertimento, ovvero la rivoluzione digitale. Ancora una volta, uno schieramento formato da molti assedia il rapporto di potere e di dominio esistente: la nuova folla si chiama sciame digitale e ha caratteristiche che la differenziano radicalmente dal classico schieramento di molti, va a dire della folla. Lo sciame digitale non è una folla, poiché non possiede un’anima, uno spirito. L’anima raduna e unisce: lo sciame digitale è composto da soli individui isolati. La folla è strutturata in modo totalmente diverso: ha caratteristiche che non vanno attribuite ai singoli. I singoli si fondano in una nuova unità, all’interno della quale non dispongono più di un proprio profilo. Un assembramento casuale di uomini non costituisce ancora una folla: ciò avviene soltanto quando un’anima o uno spirito li saldano in una massa omogenea, in sé chiusa. Allo sciame digitale manca l’anima della folla o lo spirito della folla: gli individui che si uniscono in uno sciame non sviluppano un Noi. Lo sciame non è contraddistinto da alcun accordo che compatti la moltitudine in una folla attiva. Al contrario della folla, lo sciame digitale non è in sé coerente: non si esprime come una sola voce. Anche alla shitstorm manca quell’unica voce; per questo essa è percepita come frastuono».
Analisi interessante di una società in cui la tecnologia permea ogni momento della vita. Al contrario di Flusser che vedeva nel potenziale digitale la possibilità di ricevere, trasmettere e rielaborare informazioni come strumento in grado di eliminare i sé isolati; Byung-Chul Han, a "trasformazione" compiuta, pone l'accento sui pericoli che si insidiano dietro lo schermo.
Non possiedo uno smartphone né un profilo social, dunque non esisto per questo mondo pandigitale. Premetto ciò per dichiarare che in un mondo definito esiste ancora qualcosa o qualcuno di indefinito. Se leggo Byung-Chul Han mi trovo in accordo con molte sue idee consapevole, però, che molto probabilmente il filosofo avrà un profilo social per divulgare le sue idee e sicuramente uno smartphone per entrare in relazione condivisa con il mondo. Se le idee non possono dissociarsi dalle proprie azioni e dalla propria vita per definirsi realmente vere, cosa tipica della filosofia antica, allora le idee del filosofo coreano saranno sì molto interessanti ma spero comprovate dalla sua vita vera e vissuta. Propongo dunque di leggere le sue idee. Farle proprie. Partecipare a quelle idee se ritenute valide. Dissociandosi dal flusso autopromozionale dell'io-migliore-di-me. Scemando la potenza dello sciame che ci disturba con il suo ronzio costante. Slegando dall'ego fittizio di finti personaggi la vera ricerca della propria persona. Perché il fatto di essere diventati manichini imbellettati in vetrine multicolori non è stato altro che farci inghiottire dall'inconscio di qualcun altro. Noi chi siamo? Insetti?
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