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È il saggio bello e complesso di un linguista, che sviluppa un tema già presente nel suo precedente L'origine della scrittura (Stampa Alternativa, 1998): in entrambi demolisce molti luoghi comuni tipici della cultura occidentale, condizionati dall'idea di supremazia della scrittura, e in particolare di quella alfabetica, rispetto a qualsiasi altro mezzo di comunicazione usato dall'umanità. L'importanza della scrittura è ovviamente riconosciuta, ma la sua origine rimane ancora oscura: ci si è concentrati sulle conseguenze che l'uso della scrittura ha avuto nello sviluppo della civiltà, ed è sempre stata interpretata come un'estensione dell'oralità, come una "semplice rappresentazione del linguaggio parlato". L'autore critica questa posizione e sostiene che non dobbiamo adottare il punto di vista di chi ha già assimilato la scrittura e le sue conseguenze: è a causa di ciò che viene riservata un'eccessiva attenzione all'alfabeto, il cui sviluppo, invece, si inserisce tardivamente nell'evoluzione della scrittura. La storia dell'alfabeto ha nei fatti impedito di comprendere appieno la comunicazione scritta: in particolare la visione evoluzionistica della formazione dell'alfabeto e, insieme, il desiderio di dare di risposte semplificanti hanno impedito quella comprensione. Affermazione estrema, poiché occorre ricordare che la scrittura non è un bene globale, ma è sempre appartenuta a un'élite intellettuale piuttosto esigua, sempre consapevole della non corrispondenza con la semplice traduzione in forme grafiche della lingua parlata. Harris afferma che la tecnologia informatica ci porterà verso un futuro in cui la scrittura perderà la posizione ancillare, finora ora assegnatale, di "registrazione", e diverrà il "processo creativo essenziale", mentre l'oralità risulterà "un semplice commento marginale a ciò che è stato scritto". Forse non siamo ancora in grado di valutare le capacità del computer di creare nuovi contesti rispetto alla mente umana, ma non trascuriamo, anche in un quadro di ampliamento dell'alfabetizzazione, che a interagire con i sistemi informatici rimarrà per molto tempo un'élite.
Patrizia Cancian
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