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Una storia di perdizione e redenzione che accetta il male come il bene, le più alte aspirazioni e gli impulsi autodistruttivi come le «passioni dolorose di cuori smarriti», un mondo illuminato dall'amore e immerso in una natura incantata.
«Ma sei poeta ugualmente, Gösta. Tu hai vissuto più poesie di quante altri poeti ne abbian scritte.»
Caro lettore, per il Natale del 1891 fu pubblicato a Stoccolma il romanzo di una sconosciuta di trentatré anni: si chiamava La saga di Gösta Berling e la sconosciuta Selma Lagerlöf. Il giorno dopo era famosa. Nel 1909 riceverà il premio Nobel e, tra i numerosi estimatori, Marguerite Yourcenar la definirà «la più grande scrittrice dell'Ottocento». Il libro è tuttora annoverato tra i capolavori della letteratura europea. Ma per me non è «solo» questo: La saga di Gösta Berling è il romanzo che per primo mi ha fatto conoscere la magia e il fascino del Nord, il più emblematico dell'arte del raccontare e di tutto quello che amo nella narrativa scandinava, che mi ha spinto a diventare editore. Poema epico, raccolta di leggende, saga, racconta le vicende di una stravagante compagnia di bohémien, musicisti, giocatori e bevitori «allegri, spensierati, eternamente giovani» su cui domina la figura di Gösta Berling, il seducente prete spretato, bello come un dio greco, che irradia spirito di avventura e gioia di vivere, ma destinato a suscitare amori fatali e sventure. Una storia di perdizione e redenzione che accetta il male come il bene, le più alte aspirazioni e gli impulsi autodistruttivi come le «passioni dolorose di cuori smarriti», un mondo illuminato dall'amore e immerso in una natura incantata. È un libro che «brucia», dice ancora la Yourcenar, di un'immaginazione ardente, uno dei romanzi su cui costruiamo i «castelli imperituri del sogno e della fantasia».
COME COMINCIA
Finalmente il pastore salì sul pulpito. I fedeli alzarono il capo. Ah, eccolo! Quel giorno la messa non sarebbe mancata come la domenica prima e come già molte altre domeniche.
Il pastore era giovane, alto, slanciato e raggiante di bellezza. Con un elmo sul capo e uno scudo al braccio si sarebbe potuto scolpirlo nel marmo e dare alla statua il nome del più bello degli ateniesi.
Il pastore aveva lo sguardo profondo di un poeta e il mento fermo e rotondo di un condottiero. Tutto in lui era bellezza ed espressione, tutto in lui era rischiarato dalla genialità e dal lume della vita spirituale.
I fedeli erano rimasti stranamente colpiti, al suo apparire. Erano più abituati a vederlo uscire barcollante dall'osteria in compagnia di allegri beoni come Beerencreutz, il colonnello dai folti baffi bianchi, e Kristian Bergh, il capitano dalla corporatura di gigante.
Si era dato tanto smodatamente al bere, che da molte settimane non era più riuscito ad adempiere alle sue funzioni di ministro spirituale e i parrocchiani si erano visti costretti a parlarne al prevosto e quindi al vescovo e al Capitolo. Ora il vescovo era arrivato per una visita di ispezione alla comunità. Sedeva nel coro con la croce d'oro sul petto e i catechisti di Karlstad e i pastori delle parrocchie vicine gli sedevano intorno.
Non vi era dubbio che la condotta del pastore aveva oltrepassato i limiti del lecito. A quei tempi (questa storia si svolge nella prima metà del secolo scorso) non si faceva gran caso se un uomo alzava un poco il gomito; ma il pastore aveva perduto, per amore dell'acquavite, ogni senso del dovere e trascurato il proprio ufficio che ora avrebbe perduto.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Dopo un inizio non proprio avvincente, sono rimasta letteralmente incantata dalla magia e dalle suggestioni che di volta in volta si susseguivano nella narrazione, sospesa tra racconto fiabesco e le saghe antiche, alle quali si ispirava. Un romanzo sul potere salvifico dell'amore ma anche e soprattutto un perdersi e un ritrovarsi, un cadere e rialzarsi dalle difficoltà e dai momenti bui che la vita ci sottopone. Il protagonista era un eroe suo malgrado, umanissimo nel vivere ed affrontare la vita. Insieme a lui, una carrellata di personaggi, ognuno con la sua storia. Tutti loro, con le emozioni che sapevano trasmettere al lettore ci insegnano che, non importa sbagliare, l'importante è comprendere l'errore, correggerlo e cercare di migliorarsi. Sempre. Questo fanno i libri importanti, ci fanno capire la vita facendocela guardare da prospettive diverse. Capolavoro.
Narrazione corale. Coinvolgente.
È stato impossibile terminarlo: di una noia e un piattume allucinante. Le "gesta" dei personaggi non sono nulla di impressionante o degno di essere raccontato (ma questo può essere soggettivo), il problema vero è che non si entra mai nella mente dei personaggi, perché non sappiamo mai cosa provano, è tutto una esposizione (direi quasi un elenco) di ciò che accade senza alcun tipo di emozione.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Bello, giovane e alcolizzato, il sacerdote Gösta Berling è costretto a lasciare la sua parrocchia e a vivere di elemosina finché, a un passo dal suicidio, viene salvato dalla "Signora di Ekeby" e accolto nella sua stravagante comunità: un gruppo di dodici sedicenti "cavalieri" che trascorrono la loro esistenza al podere padronale tra amori, giochi e racconti. Nello splendido scenario naturale della regione svedese del Värmland si dipana una storia fatta di amori infelici e di slanci generosi, di degradazione e di redenzione, mentre su tutto domina la straordinaria figura della Signora: un tempo bella, innocente e innamorata dello spiantato Altringer, Margareta è stata costretta dai genitori a sposare un uomo che non amava e a vivere nell'ombra e nel peccato il suo vero amore. Ora, dopo la morte di Altringer, è ricca e sola, sovrana di un piccolo regno di ubriaconi sradicati e pieni di gioia di vivere. Saranno le trame del malvagio e avido Sintram a turbare questo mondo libero e isolato, ma proprio gli inganni intessuti per distruggere la Signora e i suoi cavalieri condurranno, infine, a una nuova e diversa gioia. La saga di Gösta Berling (1891) è il primo romanzo pubblicato da Selma Lagerlöf. La bellezza delle descrizioni, la vivacità dei personaggi e, soprattutto, la dimensione narrativa sospesa tra epica, fiaba e mito, hanno fatto di questo romanzo non solo l'inizio di un nuovo modo di raccontare nella letteratura scandinava del Novecento, ma, a tutt'oggi, uno dei libri svedesi più letti e amati in patria e all'estero.
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