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Cosa resta incollato sotto quelle che Benjamin chiamava "le suole della memoria"? Qual è la vera formula dei ricordi? Due domande, fra le tante, che si affacciano subito lungo i passi di un uomo troppo graffiato dal dolore, un uomo "a cui sono toccate brutte carte", come a moltissimi, e che nel romanzo non fa che esplorare le proprie cicatrici, misurarne il calore, il taglio, l'ignota direzione verso cui lo portano, noncurante e disilluso nel suo vagare come un auslander in una Berlino ombrosa, come metafisica, da poco ricomposta nelle sue due anime spaccate. Le risposte saranno altre domande, inquietudini umide nella sporca tinozza della storia e destinate a restare ignote, insieme agli abiti del caso, alle tasche dell'intenzione, agli incomprensibili enigmi della vita che nessun vento può asciugare in una calma che ne riavvii il percorso. Lunghi incontri come in un Simposio rifatto: uno scultore, una storica, un filosofo, e lui, Arthur, un cineasta, un uomo che maneggia le immagini, le cura, le accarezza. Ed è questo il suo scontro, quel tentare di far affiorare il misterioso, il non visto che pure esiste racchiuso nel guscio dei giorni, "far sentire contemporaneamente il tempo e l'atemporalità". Sollevare il masso dei tanti nonsensi, della morte, e ridare alla solitudine una parvenza di comprensione, far rifiatare ciò che continua, le lancette interiori, perché "gli orologi nelle stanze delle persone sole vanno più lenti". Entra allora la parola come risorsa a snidare il già tracciato e il caotico, l'informe e il fatale, e sarà questa la forte impronta del libro, quella di un lungo e poetico saggio sulla sostanza del vivere dove anche i morti (stupenda trovata) avranno le loro pagine per parlare. Cosa può smuovere dunque quel grigio brusio di silenzi senza bussola? Forse una donna, un istante di luce nell'impazzita metrica della sorte. Se anche lei però non si rivelasse una "specialista in addii". L'indefinibile elevato a incanto. Libro splendido.
Confermo l'esperienza unica nel leggere questo libro, solo glii amanti sensibili della vita si immergono in queste pagine, in una conversazione lunghissima tra amici da lasciare a bocca aperta l'autore afferma che il genere umano non riesce ad immaginarsi un futuro lungo come il nostro passato, tutto deve finire con noi, è impossibile immaginarci come un mucchietto d'ossa in una vetrina di un museo, lo consiglio caldamente come verso santiago e molti altri suoi libri.
L'ho letto ora. Per quanto tenga a valorizzare un libro anche solo per un'immagine , un lampo , uno sporadico periodo mi è assai pesato finire questo libro "senza ne capo ne coda". Probabilmente sono uno di quei lettori che hanno bisogno ancora di un minimo di traccia narrativa . Ho preferito "Rituali" dello stesso autore. Però non penso che darò una terza chance a questo autore , almeno per un po'.
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