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La paura e altri racconti della grande guerra
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La paura e altri racconti della grande guerra - Federico De Roberto - copertina
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paura e altri racconti della grande guerra

Descrizione


La paura è una storia semplicissima e proprio per questo una devastante accusa contro la guerra. Un gruppo di soldati italiani provenienti da varie regioni è bloccato in una trincea sotto il tiro micidiale di un cecchino austriaco che impedisce loro di uscire allo scoperto. L'ufficiale, un uomo sensibile ai sentimenti e alle paure dei suoi soldati, deve però mandarne fuori uno alla volta per raggiungere un posto di vedetta sguarnito. Vediamo così sfilare e morire uno ad uno i suoi uomini. Ognuno di loro racconta in dialetto il proprio terrore. Nel Rifugio la storia di un disertore e della sua fucilazione viene raccontata da un ufficiale che casualmente viene ospitato e rifocillato dai genitori del soldato fucilato. La retata è invece una divertente parodia delle agiografie belliche. Un soldato racconta in romanesco (tutti i fanti dei racconti di de Roberto parlano in dialetto, dando realismo e vivacità alle vicende raccontate) di come, caduto nelle mani del nemico, riuscì a sua volta a catturare un intero plotone austriaco inventando decine di manicaretti che avrebbero costituito, secondo lui, il "rancio" delle truppe italiane. Gli austriaci, increduli all'inizio, si fanno via via sedurre dal racconto straordinario dell'italiano, fino a decidere di disertare e di seguirlo. Nell'Ultimo voto il capitano Tancredi ha per missione di informare una bella contessa del decesso del suo eroico marito. Dopo solo poche settimane apprenderà con amarezza del matrimonio tra la vedova allegra e un imboscato.
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Dettagli

E/O
2015
Tascabile
30 giugno 2015
139 p., Brossura
9788866326359

Valutazioni e recensioni

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gianni
Recensioni: 5/5

Piccoli capolavori di un grandissimo scrittore. Tutte le declinazioni umane della grande guerra: dal dramma al comico, dalla farsa al paradossale. Piacevolissimo libro.

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ton
Recensioni: 5/5

Libro breve ma intenso: quattro racconti, uno più bello dell'altro. Sono rimasto colpito in particolare dal secondo, "Il rifugio", dove, in un crescendo straordinario, il protagonista e voce narrante, testimone al fronte delle intemperanze di un disertore, poi fucilato, si ritrova suo malgrado, ospitato dai poveri genitori del fedifrago. Questi, del tutto ignari delle malefatte del figlio che vanta, con ignominia, comportamenti meritevoli di medaglia e millanta atti di eroismo, scrivendo lettere a casa con richiesta di denaro, nell'ospitare l'ufficiale, vengono a sapere che appartiene allo stesso reggimento, medesima compagnia del figlio. Commoventi le parole della povera madre, generose le parole del padre. Bellissime tutte le descrizioni: il viaggio in macchina, l'umile casa. Toccanti i passaggi che precedono la fucilazione. Da leggere.

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Renzo Montagnoli
Recensioni: 5/5

Premetto che il primo dei brani, intitolato La paura e che dà il titolo all'intera opera è un autentico capolavoro e da solo giustifica ampiamente la lettura di questo libro. La paura nella sua trama è tutto sommato semplice. In un tratto del fronte, da tempo del tutto calmo, c'é una postazione avanzata ed esposta in cui è necessaria la costante presenza di una vedetta che possa osservare se da lì possa venire l'attacco del nemico. In un giorno come tanti e come sempre ogni due ore avviene il cambio, ma ecco che chi monta viene ucciso o comunque ferito gravemente da un cecchino e anche quelli che nell'ordine vanno all'appostamento fanno la stessa fine. L'attesa dei predestinati, il lacerante contrasto intimo dell'ufficiale, combattuto fra il senso del dovere e l'angoscia per la sorte dei suoi uomini, l'implacabile freddezza del cecchino che non si scompone nemmeno di fronte a un bombardamento della nostra artiglieria, le urla strazianti di un ferito segnano queste pagine in un crescendo di tensione che fa sentire il lettore quasi presente, magari pure lui nella fila di quelli che devono andare, con morte pressoché certa, a quel maledetto avamposto. Così la paura serpeggia, si trasmette velocemente come un virus e contagia anche un soldato con la tempra da eroe, portando a una conclusione non liberatrice, ma ancor più angosciante. Qui De Roberto si esprime a livelli elevatissimi e pur tuttavia con semplicità, il che indubbiamente giova alla gradevolezza della lettura, dimostrando ancora una volta le sue capacità di analisi psicologica e facendo di questo racconto un veemente atto d'accusa contro ogni guerra, senza retorica, con la crudele realtà di un fatto forse come tanti, ma estremamente emblematico.

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Federico De Roberto

1861, Napoli

Di madre siciliana, studiò all’istituto tecnico di Catania, città nella quale dimorò quasi sempre, salvo un decennio (1888-97) fondamentale per la sua formazione, trascorso a Firenze e a Milano. Amico di Giovanni Verga e di Luigi Capuana, aderì subito al verismo; nel contempo subì però anche l’influsso dello psicologismo di Paul Bourget. L’alternanza, o la compresenza, delle due suggestioni si estese in tutta l'opera di De Roberto, determinando alcuni squilibri sia delle raccolte di novelle (La sorte, 1887; Documenti umani, 1888; Processi verbali, 1890), sia dei numerosi romanzi della giovinezza e della maturità (Ermanno Raeli, 1889; L’illusione, 1891; Spasimo, 1897; Messa di nozze, 1911).Soltanto nel capolavoro, il romanzo...

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