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La forza di questo romanzo risiede nelle meravigliose descrizioni, che permettono di dilatare lo sguardo sulle distese sconfinate del Nebraska, di cogliere il respiro della terra, con cui si fonde l'esistenza di uomini e donne che lì hanno costruito con esiti diversi la propria strada. La terra, ostile inospitale refrattaria prima, domata generosa produttiva poi, è la vera protagonista: pur nella sua vastità e negli illimitati orizzonti, è l'angusto teatro dove vanno in scena le vite comuni di chi, dopo aver lasciato l'Europa tra fine '800 e inizi '900, ha interpretato a proprio modo il sogno americano, è identità e stabilità contro l'anonimo e indifferente mondo cittadino, del tutto estraneo e lontano. Prende corpo così il mito della frontiera, che nella prospettiva dei singoli non è movimento, ma capacità di restare, di resistere. In un tempo narrativo che conosce scarti, rallentamenti e accelerazioni, le vite degli uomini fluiscono insieme ai cicli delle stagioni, e sono storie di amore e morte, isolamento e condivisione, successo e sconfitta. Intriso di un profondo lirismo, Pionieri porta in scena l'epica del quotidiano di Alexandra, vero eroe che trova senso nell'intimo legame con la terra, sulla quale ha saputo imprimere la forza della propria immaginazione e lo spirito della giovinezza, ma in cui ha dovuto anche pagare con la solitudine il prezzo di scelte audaci.
È una storia di pionieri, ma non di quelli che ci hanno abituato a vedere i film americani, a bordo di carri alla conquista dell'Ovest, con il fucile sempre a portata di mano. Qui i pionieri si sono già stanziati e lottano per ricavare di che vivere da una terra e un clima ostili. C'è chi soccombe, chi si arrende e fugge, chi fa fortuna. Ma soprattutto c'è il confronto fra il pensiero gretto di alcuni e quello lungimirante e moderno di altri (la protagonista), fra le prime generazioni, che sentono nostalgia della madrepatria e le nuove, che si sentono americane ma allo stesso tempo hanno legami inscindibili con la terra di origine del loro genitori; e ancora il confronto tra uomini e donne, dove ognuno ha (o dovrebbe) avere i suoi ruoli, e quando non è così le cose si complicano e deflagrano, in litigi, rotture, tragedie. Consigliato sia per la storia in sé sia per la scrittura della Cather, che ricorda molto la Munro, nel raccontare episodi piuttosto che una storia lineare e sequenziale, nel preannunciare senza dirli quegli eventi improvvisi che sconvolgeranno tutto, nel descrivere infine, questi squarci dopo i quali niente sarà più come prima, ma che portano una nuova consapevolezza.
Succede a volte che una traduzione ingenua e sciatta mortifichi la prosa di un Autore. È questo il caso. La scrittura impressionista, a brevi pennellate luminose, ironica, vivace, della Carter ne esce malconcia. Peccato.
Recensioni
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