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OMOSESSUALI E CAMICIE NERE I GAY AL CONFINO NELL'ITALIA FASCISTA: UN'INCHIESTA DI GORETTI E GIARTOSIO giovedì 04 maggio 2006 , di la Repubblica Di Nello Ajello Catania, 20 gennaio 1939, anno XVII Era fascista. Un esposto, a firma del Regio Questore, viene inviato al Prefetto. "La piaga della pederastia in questo capoluogo", vi si legge, "tende ad aggravarsi e generalizzarsi perché giovani finora insospettati risultano presi da tale forma di degenerazione sessuale". La conclusione è drastica. "Ritengo pertanto indispensabile, nell'interesse del buon costume e della sanità della razza, intervenire con provvedimenti più energici perché il male venga aggredito e cauterizzato nei suoi focolai. A ciò soccorre il Confino di Polizia da adottarsi nei confronti dei più ostinati". [...]Fotografati con minuzia, gli arrestati si dimostrano tuttavia "persone comuni, non mostri". Questa difficile riconoscibilità fisiognomica non milita però a loro discolpa, così come il non essersi macchiati di specifici delitti non li sottrae alla pena. Anzi. Non essendo formulabile a loro carico un'accusa legalmente plausibile, essi non hanno diritto alla difesa: niente reati, insomma, niente avvocati. Per paradosso, il fatto che l'addebito che gli si muove è introvabile nei Codici, induce a considerarlo più grave d'ogni altro: un certo Rosario - noto come "Sara 'a Turca", e varie volte condannato per delitti comuni - viene dichiarato "più pericoloso quale pederasta che ladro". L'ingresso d'un omosessuale nei commissariati è segnalato da commenti salaci del tipo: "Ecco la bambina!". Oppure, più tardi, al confino: "è arrivata 'a bellezza 'e Catania". Altri epiteti, signorina, femminiello, rientrano nella prassi. Ciò che accadeva sessantasette anni fa nel secondo capoluogo siciliano viene ora assunto come un test dell'apartheid sessuale in uso nel nostro paese durante la ventennale dittatura. Lo fanno due narratori e saggisti, Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio, [...]
Lo studio di Goretti e Giartosio sul confino fascista riservato ad alcuni mal capitati omosessuali della fine degli anni Trenta, ha il merito di aver reso più palpabile il dramma che riguardò le vittime di quella che fu, senza ombra di dubbio, una vera e propria persecuzione. Gli autori escono dall’accademismo forzato, anche se indispensabile, di chi ha analizzato il fenomeno storico sotto un profilo prettamente scientifico – sociologico e danno al lettore la possibilità di conoscere le paure, le speranze, le delusioni e le risorse psicologiche che potevano avere gli “arrusi” colpiti dalle misure restrittive. In sintesi si potrebbe dire che Giartosio e Goretti fanno conoscere al lettore un aspetto più umano degli omosessuali confinati alle Tremiti e non solo. Grande il merito di aver intervistato chi al confino, in quanto gay, ci finì davvero. Il saggio è accattivante e di facile lettura, anche se manca della contestualizzazione storica necessaria per interpretare meglio i motivi della condanna e quindi del confino fascista Se è infatti vero che qualche centinaio di omosessuali italiani subirono il confino o l’ammenda per un comportamento non perseguibile dal Codice penale, ma comunque giudicato deviante soprattutto se associato ad altri crimini, non bisogna dimenticare che nella medesima epoca gli omosessuali del resto dell’Europa potevano incorrere in pene e restrizioni ed in leggi assai più severe, che portavano al carcere, all’internamento nei Gulag e nei Lager o ai lavori forzati.
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