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La nozione di previsione da sempre lega indissolubilmente conoscenza e azione.Occorre chiedersi con spirito critico quale sia il significato dei concetti: lo scopo e la ragione intima della loro utilità:matrice pragmatista e relativistica. La previsione è mezzo di definizione e di interpretazione delle teorie.La causalità è un presupposto necessario a priori per costruire la scienza? Questa certezza ci aiuta a trarre dall’esperienza del passato una qualche previsione? Non certezza assoluta, ma pratica, non logica ordinaria, ma probabilistica. La logica del probabile nello statuto delle probabilità più che il calcolo delle probabilità .Ci sono gradi della probabilità di un evento che porta ai gradi di credenza: quindi ad una conoscenza imperfetta. Esempio della polizza sulla vita. Esortazione di Papini a non sacrificare mai il particolare all’universale. Chiara la distinzione tra logica del probabile e giudizi di probabilità: scontro tra oggettivismo e soggettivismo e la ragione del contendere sta nel ragionamento induttivo. Ogni grado di fiducia o attribuzione di probabilità va subordinato o condizionato allo stato attuale della nostra conoscenza (di sfondo e pure specifica informazione) in cui si trova l’individuo che fa la previsione. La probabilità è alterata in confronto all’opinione che si sarebbe avuta anteriormente a tale esperienza? Diventa impossibile dimostrare la validità del principio di induzione (secondo cui il valore della probabilità dovrebbe essere vicino alla frequenza osservata). Il senso è che per quanto divergenti siano le probabilità iniziali stimate dai vari agenti, se questi sono coerenti e intellettualmente tolleranti si produce col tempo una significativa convergenza. La questione della giustificazione dell’induzione subisce così uno “slittamento creativo”: anch’essa soggettiva, della ragionevolezza di certe assunzioni, quali appunto l’ipotesi della scambiabilità. Ottima introduzione e buono il glossario allegato.
De Finetti è un autore che fa discutere; da una parte economisti di formazione matematica che lo considerano il vate, dall'altra analisti di formazione filosofica che invece non lo considerano affatto o meglio lo considerano un autore per gli istituti di ragioneria non per la filosofia matematica. In effetti sulla questione dei fondamenti è un autore che non ha mai convinto. Ha suscitato critiche che gli addebitano una soluzione soggettivistica dei fondamenti che danneggia la razionalità dell'ordine matematico e questo non tanto perchè abbia scelto l'idealismo soggettivistico per fondare la sua mathesis in alternativa alla oggettività dei fondamenti quanto perchè il realismo della nuova oggettività matematica, quella antica è platonica e per molti versi ingenua, è liquidato come banale. L'oggettività delle forme matematiche è quindi una epistemica scaduta a cui sostituisce il suo soggettivismo libero e irrelato al reale secondo cui la misura di probabilità di un evento futuro e incerto va cercata nel pensiero non nella realtà, nella aspettativa razionale psicologistica di esso non nella valutazione degli indici oggettivi di verosmiglianza di questo evento. Abbiamo scoperto che la fonte che lo influenza in questo senso è l'idea hilbertiana di "zusammen" (coerenza) che legittima nell'autore tedesco la libera ontologia del suo formalismo che però non è soggettivistico come quello del nostro, ma sintattico teorematico e quindi scevro del radicale psicologismo idealistico invece rivendicato da De Finetti. Se quindi si affermerà in teoria della probabilità la sua fondazione soggettivistica e la simulazione aleatoria della scommessa nella quale ambienta la sua teoria, potrà anche scaturirne un suggestivo scenario (per agenti) di scommettitori, ma rispetto ai quali l'oggettività dei dadi dei lanci e dei numeri non sono elementi essenziali per la previsione della probabilità di evento del lancio e del suo esito di gioco, il solo ambito di leggibilità della sua teoria.
Bruno de Finetti è noto - credo più all'estero che in Italia - per il suo lavoro di fondazione della teoria della probabilità. Questo suo saggio del 1934 non è però un testo di matematica, quanto di filosofia della scienza. D'accordo, è difficile distinguere tra fondamenti della matematica e filosofia della matematica; ma in questo caso non ci sono molti dubbi, visto che di matematica non se ne parla proprio. La posizione filosofica definettiana parte dal pensiero di Hume; un empirismo rivisto alla luce delle geometrie non euclidee e soprattutto della fisica einsteniana, che portano l'autore verso il relativismo e il pragmatismo. D'altra parte, noi non possiamo essere certi di nulla; tornando alla probabilità, non possiamo nemmeno essere certi che lanciare una seconda volta una moneta sia la stessa cosa dell'averla lanciata la prima volta, né possiamo permetterci il lusso di considerare un numero infinito di eventi, anzi di fenomeni, il termine preferito dal de Finetti. Il saggio è preceduto da una lunga introduzione di Giulio Giorello, che ho trovato un po' noiosa ma mi è sicuramente servito per riuscire a entrare nel contesto filosofico; più interessante e anch'esso sicuramente utile un glossario che spiega i termini scientifici usati nel saggio.
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