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Anno edizione: 2014
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Racconto intrigante, divertente, "socialmente utile"... intelligente e "diverso", una storia da vivere nei sottosuoli di Napoli con tutto il fascino che ne consegue. Vale la pena leggerlo, io l'ho fatto... Un Autore che secondo me merita ancora più ampi e prestigiosi palcoscenici. Ne ha di tempo. E' giovane e davvero bravo! Non lo conoscevo, ma ne sono rimasto entusiasmato.
Quello di arena è un evento letterario notevole che aggiunge un altro tassello al carattere cosmopolita della città di Napoli. Sia pure in chiave onirica e romanza riconosce ulteriori aspetti di universale propensione verso culture dell'antico oriente. È il patrimonio di conoscenze tamil dal linguaggio primordiale dravidico regolato dalla più antica grammatica dopo quella sanscrita cui non a caso sembra derivino molti fonemi dialettali agglutinati soprattutto nel tentativo di diglossia con la lingua italiana. Si tratta di avvenimenti mastrianei che si svolgono nel profondo ctonio dove ha sede il principio lunare e quello solare ossia la cosmogonia di matrice orfica rappresentata, questa volta da Buddha, o Siddhartha, o Gautama, e se questi nomi significano "colui che si è risvegliato" o "colui che ha raggiunto l'illuminazione", San Gennaro ch'è ritratto nelle sue viscere non può che rappresentare il centro dell'universo, messo a protezione di napoli, la capitale della cultura del pianeta Gaia. È giovane Alessio Arena, e già abita la casa di parousía, dove ha sede la presenza del divino, o dell'essenza ideale, nel mondo materiale. Mi domando da dove sia sbucato questo gioiello.
C'è la facilità dell'infelicità nel vivere dove il sole te lo fa a scacchi la grata del tombino per lucernario e dove ciascuno è un re ammattito per essersi arroccato a tutto ciò che resta della sua storia. I tamil per nascita&disdetta o per scelta&passione del romanzo "La letteratura tamil a Napoli" scrivono a pancia sotto e al buio per accentrarsi e accertarsi ai loro stessi occhi di essere persone e non miraggi; covano un progetto come fosse un magico uovo di Colombo-città, emigrare, no: profugare fuori; da un paese in fiamme per mettere a ferro e fuoco di stampa quello che non ti ha saputo curare le ferite ma soltanto procurartene di tipo nuovo. La Napoli de "La letteratura tamil a Napoli" è più cupa e disperata delle Napoli re-immaginate nei due romanzi precedenti di Alessio Arena: è una città disabitata in superficie e infestata nel sottosuolo. Il romanzo complessivamente è il resoconto di una paradossale seduta spiritica nella quale sono i fantasmi a chiedere: "Uomini del vostro tempo, se ci siete battete un colpo". Ma non si batte chiodo e alle allucinazione non resta che accoppiarsi con le altre allucinazioni, producendo santi con la pelle blu e le proboscidi e dee con le sottane bianche e le mani rosse di sangue, e un inizio col botto promesso si lega a una conclusione imprevista che spara dritti verso la prospettiva mica tanto grottesca di una Sarajevo del 1914 aggiornata alla Napoli del 2014 o poco meno. La lingua nel romanzo cerca una leggerezza che non trova più, non tiene contro le formule di un potere avanzante che non produce storie in concorrenza ma annienta quelle che ci sono e quelle che provano a nascere e che non hanno ancora sviluppato una lingua nuova per difendersi e controbattere a chi gli sta togliendo identità e quindi la dignità e la vita stessa. Una nuova letteratura napo-tamil, o nippo-torinese o siculo-russofona, è la linea di resistenza contro la nuova elegante, impeccabile e mondiale e omogenea e piattissima e afona barbarie.
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