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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2015
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Interessante e piacevole: un tuffo nelle avventure degli esploratori dell''800, quando nel mondo c'era ancora molto da scoprire e molto da rischiare, senza carte geografiche e senza chinino, fra popoli radicalmente "altri", cannibali, avvelenatori e tagliatori di teste. Tutto ricorda Salgari, ma, è qui il bello, è tutto vero. Sorpresa: la congolese Brazzaville ha preso il nome non da un francese, ma da un italiano. Alcuni dei protagonisti furono generosi e idealisti, altri dei conquistadores solo più sfortunati e trascurati dalle autorità politiche. Miani, in particolare, condivise con Cortés o Balboa la vita dura e randagia, un certo idealismo e un coraggio quasi inverosimile: negli ultimi gg di vita, vecchio ma ancora impegnato in una spedizione, abbandonato dai compagni e infartuato, si costruì da solo la bara. Ma di quei lontani modelli ha pure spietatezza e ferocia: compie massacri "punitivi", persino preventivi, e se ne compiace; e taglia teste di "selvaggi" da collezionare per il bene della scienza. Pionieristico è l'anti-schiavismo di Savorgnan di Brazzà; degno d'essere conosciuto, per quanto ingenuo, è il suo tentativo di colonialismo "amichevole", commerciale, malgrado egli condividesse con l'altro "eroe" Massaja il classico binomio "colonizzazione-civilizzazione". Anche gli altri esploratori furono tipi umani interessanti, ora commoventi ora detestabili: le biografie di Miani e Franzoj aprono squarci pure su un risorgimento poco oleografico, su un sovversivismo permanente di spiantati pericolosi, appassionati di duelli dalla personalità magnetica, dei quali persino la morte ha qualcosa d'imponente. La prosa di Gonzato è semplice ma non elementare, specie nella sintassi; è sobria ma capace di sprazzi critici o più spesso ironici, con analoga oscillazione (e qualche scivolone) del registro lessicale. G. ha il merito d'aver riesumato documenti rari, anche se, come tutti i giornalisti-storici, tende un po' ad appiattirsi sulle fonti, spesso memoriali.
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