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Il nuovo venuto. Una nuova indagine del commissario Bordelli - Marco Vichi - copertina
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Il nuovo venuto. Una nuova indagine del commissario Bordelli
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Il nuovo venuto. Una nuova indagine del commissario Bordelli - Marco Vichi - copertina

Descrizione


Firenze, dicembre 1965. Un uomo viene trovato ucciso nella sua abitazione: l'assassino gli ha conficcato un paio di forbici nella nuca. Del morto si conosce la professione, redditizia quanto disgustosa: era un usuraio, e la gente, quasi a segnalarne l'estraneità, lo chiamava «il nuovo venuto». Da un primo sopralluogo non emergono indizi significativi, e sarà l'autopsia del medico legale Diotivede a fornire la prima traccia in un mistero tutto da chiarire. Il commissario Bordelli, chiamato a far luce su un delitto che suscita in lui sentimenti contrastanti ' il bisogno di far giustizia ma anche una profonda ostilità per la vittima ', si appresta a un'indagine quanto mai ardua... Edizione speciale con «Il Vangelo secondo Ennio» (ricette per Bordelli).
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Dettagli

TEA
2
2006
Tascabile
13 aprile 2006
448 p., Brossura
9788850211562
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Indice


Le prime frasi
Firenze, 12 dicembre 1965

Il brigadiere Baragli era sdraiato nel letto più vicino alla finestra, con un tubicino infilato nel braccio. Guardava fuori. Dietro gli edifici dell'ospedale intravedeva le colline di Careggi, ricoperte di alberi. Il ciclo era increspato di nuvole bianche, sembrava un gregge di pecore. Stando ai vecchi detti entro un paio d'ore avrebbe piovuto a dirotto. Baragli aveva la faccia sudata, ed era molto pallido. In pochi giorni era dimagrito almeno cinque chili. Non si era ancora accorto di avere visite. Bordelli accostò la sedia al letto e si aprì la giacca. Nella stanza faceva molto caldo. «Come va, Oreste?»
«Commissario, non l'avevo vista. Mia moglie è andata via da poco.»
«L'ho incrociata giù. Quando ti rimandano a casa?» chiese Bordelli, fingendo di non sapere che i medici lo davano per spacciato.
«Ancora non so nulla» disse il brigadiere. Aveva il respiro corto e faticava a parlare. Aveva poco più di sessant'anni. Aveva passato la vita nella polizia, e durante il Ventennio aveva avuto vita difficile per via della sua poca simpatia per il fascismo. Era andato in pensione tre anni prima, e pochi mesi dopo si era ammalato. Lo avevano operato diverse volte allo stomaco, l'ultima qualche giorno prima.
«Tuo figlio?» chiese Bordelli.
«Sta sempre in Germania, commissario. Forse viene per Natale.» Nella stanza c'erano altri cinque letti, tutti occupati. Alcuni dei malati avevano visite. Uno doveva essere piuttosto giovane. Aveva la faccia gialla e magra, ma cercava di sorridere. La moglie gli aveva portato dei giornali.
«Ti manca niente, Oreste?» disse Bordelli.
«Mi piacerebbe un libro, uno bello che mi ci appassiono.»
«Te lo porto.»
«Grazie commissario. Lei tutto bene?»
«Non esageriamo...»
«Sa una cosa? Se rinascessi farei un'altra volta lo sbirro» disse Baragli fissandolo con aria rassegnata. Il commissario sorrise. Gli faceva pena quel vecchio poliziotto sfinito dalla malattia. Baragli era sempre stato gentile con tutti, anche con chi arrestava. Le prostitute gli volevano bene e lo chiamavano nonno. Ma c'erano categorie di delinquenti che Oreste non era mai riuscito a digerire, soprattutto una: i papponi. Quando se li era trovati a portata di mano erano volati gli schiaffi, e nessuno si era mai preoccupato di fermarlo. Erano schiaffi sani, dati come da un genitore al figlio.
«Qualche omicidio, commissario?» chiese Baragli.
«Nulla di nuovo.» Il commissario si mise a raccontare qualche storiella successa in questura. Sapeva che Baragli si divertiva a sentir parlare dei colleghi. Il vecchio brigadiere lanciava ogni tanto un'occhiata fuori dalla finestra. Aveva la bocca accartocciata, i capelli radi e ormai tutti bianchi. Negli ultimi sei mesi era molto invecchiato. Cercò di tirarsi su e gli scappò un lamento. Si portò una mano allo stomaco con una smorfia.
«Stai male?» disse Bordelli alzandosi.
«Non è niente, sono i punti che tirano» fece Baragli lasciandosi andare di nuovo contro il cuscino.
«Cosa cercavi?»
«Mia moglie mi ha portato le carte, sono lì nel cassetto.» II commissario prese il mazzo nuovo di Mediano e si misero a fare una partita a briscola parlando del più e del meno. Il brigadiere giocava con il tubicino nel braccio, muovendo le mani con lentezza.
Bordelli perse la partita e mescolò le carte per servirle di nuovo. Il brigadiere si asciugò il viso con il fazzoletto che teneva sempre a portata di mano.
«Appena esco di qua voglio andare a pesca per un anno» disse.
«Almeno una volta ci andiamo insieme» mentì Bordelli.
Giocarono ancora un po'. Baragli era sempre più debole. Gli tremavano le mani e respirava male.
«Spero di essere a casa almeno per Natale» disse, mentre il commissario mescolava di nuovo le carte. Bordelli aveva perso un'altra volta, non riusciva a impegnarsi come si deve.
Cominciò a piovigginare. Le gocce lasciavano una scia brillante sui vetri sporchi.

Valutazioni e recensioni

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mario
Recensioni: 5/5
n o i a

Dato che non mi piace buttare nel bidone della carta i libri noiosi, ho un angolo della mia libreria in cui raccolgo il libri che ho letto fino alla pagina 100. Se arrivo a quel punto e con tutta la buona volontà no riesco a finirlo va a far compagnia agli altri di quel settore. Questo vi è entrato con pieno titolo.

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tatita
Recensioni: 4/5

Trama interessante e coinvolgente in perfetto “stile Bordelli”. Uno spaccato storico che illumina periodi d’oro della storia italiana senza appesantire il lettore. Un libro equilibrato e forse più maturo rispetto al precedente. Marco Vichi si conferma uno scrittore su cui si può contare.

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Antonio
Recensioni: 5/5

bellissimo

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La recensione di IBS


«Entrò nel palazzo dell’usuraio e salì le scale senza fretta. Era deciso a non uscire da quell’appartamento finché non avesse trovato quello che cercava. Se era necessario avrebbe setacciato di nuovo tutta la casa centimetro per centimetro. Doveva per forza esserci qualcosa, altrimenti si sarebbe sentito sconfitto…»

Dei delitti e delle penne: i gialli, che già costituiscono la fetta più ragguardevole del nostro mercato librario, in estate sono di rigore, forse perché, dando i brividi, contribuiscono al refrigerio dei lettori. Fra le uscite più recenti, la nuova inchiesta del commissario Bordelli, l’eroe scontroso e viscerale del fiorentino Marco Vichi.

Nei romanzi del commissario Bordelli il piano temporale della memoria è altrettanto significativo e portante di quello dell’indagine in svolgimento. Si può dire che Marco Vichi porti avanti contemporaneamente due racconti: uno rientra nel genere poliziesco, si svolge negli anni ‘60 e riguarda la vita quotidiana di un commissario cinquantenne che ostinatamente persegue un concetto della giustizia non sempre coincidente con i protocolli giudiziari; l’altro è composto da storie di guerra, e ripercorre l’esperienza passata del giovane Bordelli e dei suoi compagni tra fascisti, tedeschi e partigiani, in un teatro di azioni e sentimenti contrastanti, che acquistano una valenza profetica nel rispecchiamento di un confuso e infelice presente.

Questa volta Bordelli è alle prese con l’omicidio di un infame usuraio, che gli provoca una crisi di coscienza perché simpatizza con l’assassino, mentre il suo giovane collaboratore Piras, in convalescenza nella natìa Sardegna, risolverà l’enigma di un finto suicidio portando alla luce i misfatti di un criminale di guerra. Lo svolgersi delle indagini permette a Vichi di approfondire le descrizioni d’ambiente e le psicologie dei personaggi, secondo la lezione di Simenon, rivisitata da un’impertinenza fiorentina che attribuisce al protagonista un’assoluta libertà di pensiero e di comportamenti, tanto che preferisce concedere amicizia e fiducia a ladri e prostitute piuttosto che ai suoi superiori gerarchici, con i quali è immancabilmente in conflitto. È vero che si tratta di una tipologia abbastanza collaudata, ma come si sa il successo di una serie gialla si basa su un modello prefissato, sul quale ogni autore imprime la sua impronta: nel caso di Bordelli, ci sembra che la caratteristica che lo distingue sia l’ossessivo ritorno del passato. I ricordi di guerra che punteggiano la vicenda non sono soltanto espedienti narrativi, ma chiave interpretativa della realtà.

A cura di Wuz.it

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