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Il pensiero politico di Gaetano Filangieri. Una analisi critica - Gaetano Pecora - copertina
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Il pensiero politico di Gaetano Filangieri. Una analisi critica - Gaetano Pecora - copertina
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Descrizione


Quando apparvero i primi due libri de La Scienza della Legislazione - era il 1780 - il nome di Gaetano Filangieri volò alto nella fama dei contemporanei che lo salutarono come l'apostolo del riscatto sociale. Poi però, auspice anche la requisitoria di Benjamin Constant (correva il biennio 1822-1824), quello stesso nome venne atterrato nella fangaia del confuso e del contraddittorio, lì dove, in seguito, i critici di estrazione romantica vi avrebbero colto tutto un ripullulare di umori liberticidi. Con la conseguenza che per molto tempo la Scienza fu tenuta in conto di opera di cui bisognasse far cenno e tirare subito innanzi, come di cosa senza risonanza d'eco. Salvo poi - in giorni assai più vicini a noi - essere risollevata nella stima pubblica da studiosi più benevoli, quasi festanti, i quali l'onorano come uno dei momenti più alti della sapienza liberale. Da qui, dalle altalenanti fortune di Filangieri, le domande che costellano questo libro. Per cominciare: chi ha ragione? Gli esaltatori o i denigratori? E poi: si tratta solo di capricci esegetici? O gli screzi tra gli interpreti riflettono un pensiero che ha un'indole contrastata e che, mancando di una ispirazione unitaria, si apre perciò stesso alle letture più divergenti? E in tal caso, qual è il dissidio che lacera la Scienza strattonandola ora di qua e ora di là? Infine: questo dissidio appartiene solo al tempo di Filangieri? O finisce per contendersi anche la sensibilità di noi contemporanei?
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Dettagli

2007
30 gennaio 2008
252 p., Brossura
9788849819175

Voce della critica

Il libro prende le mosse da una considerazione storiografica: il pensiero politico di Gaetano Filangieri ha dato adito a interpretazioni contrastanti. L'opera dell'illuminista napoletano è stata volta a volta elogiata come "uno dei momenti più alti della sapienza liberale", oppure condannata come un concentrato di "fermenti assolutistici e liberticidi". Una simile diversità di opinioni (questa la tesi di fondo che l'autore argomenta con eleganza) non può essere spiegata interamente con le variabili stagioni della fortuna di Filangieri, ma rimanda a una contraddizione presente nel suo pensiero, sospeso tra un approccio individualista e una tentazione organicista. Le pulsioni liberali, pur fortemente presenti, non si dispiegano appieno perché sono intralciate da un diverso impulso. La volontà di riforma efficace e definitiva, che possa dirsi scientifica (e sia pure di una scienza settecentesca e non positivista), produce un ricasco assolutista; il desiderio di perfezionamento trova così stonati accenti perfettisti. Tale oscillazione è frutto certo di un pensiero apiretico. Le analisi contenute nel libro spingono tuttavia a una considerazione ulteriore. Forse la mancata sintesi che si riscontra nell'opera filangieriana non dipende solo da un difetto concettuale, ma rimanda alla condizione in cui essa venne prodotta. L'Illuminismo, soprattutto quello di una realtà arretrata come quella del Regno meridionale, viveva una condizione dimidiata in radice. Le proposte di riforma non potevano subire la controprova pratica, né potevano sottoporsi alla critica salutare di un'opinione libera. Da qui la tentazione della sistemazione definitiva, che non lasciasse residui. Insomma, la contraddizione del pensiero di Filangieri porta le stimmate della temperie storica in cui fu pensato. Maurizio Griffo

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