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Anno edizione: 1987
Anno edizione: 2022
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Durante la guerra di Napoleone in Spagna, un gruppo di ufficiali elimina un oscuro mulattiere che ha sorpreso un loro segreto amoroso. Ma quel mulattiere è il marchese di Bolibar, figura misteriosa che da quel momento perseguita i suoi assassini in una ridda di avvenimenti, dove i personaggi sono guidati da una ferrea mano invisibile. Questo romanzo, considerato da molti il capolavoro di Perutz, è un esempio perfetto di fantastico puro. E non perché si parli continuamente di spettri e apparizioni sovrannaturali. Al contrario, qui la narrazione è tutta sul concreto, asciutta, vigorosa, e sembrerebbe presentarci soltanto una cupa cronaca militare. Ma nel libro intero circola, come presenza palpabile, un’altra realtà, che alla fine spodesterà la realtà immediata attraverso la figura del marchese di Bolibar, in cui si incarnano «l’avanguardia della distruzione» e una misteriosa leggenda.
La guerra di Spagna, questa prima guerra di guerriglia, ferì a morte il progetto imperiale di Napoleone. E da allora grava come un presagio funesto su ogni progetto imperiale. Qualcosa di irriducibilmente sinistro appartiene a quegli eventi: scena appropriata di una storia nera, di un nero metafisico, qual è quella che Perutz scandisce in questo libro, con un ritmo incalzante che serra la gola. Due reggimenti tedeschi, che combattono per Napoleone in Spagna, vi incontrano la disfatta e la morte. È una morte sospetta: una sorte di autoannientamento provocato, a mente fredda, dalle stesse vittime. Che cosa ha messo in moto questo orrificante meccanismo? Una figura cupa e selvaggia, che appare, scompare, si sdoppia, si trasforma, sfugge – e incombe su tutto, quella del marchese di Bolibar. Il suo segreto attraverso questo romanzo come un raggelante alito millenario.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Leggendolo si capisce come mai questo romanzo sia tanto piaciuto a Borges. Si viene catapultati in una dimensione fantastica ma allo stesso tempo enigmatica e grottesca dove tutto non è come sembra. Il marchese di Bolibar è un Zelig di altri tempi. Un libro che non può mancare negli scaffali degli amanti di Perutz.
Certi romanzi si danno una fine, un punto morto, solamente per continuare l’inganno a cui soggiace la mente del lettore. Certi romanzi, dico, non hanno - non possono avere fine. Così questo, che convoca, chiama, appella, spariglia e briga per un personaggio, Bolibar, che promette di essere misterioso. Come in molti romanzi di Perutz, il mistero è elevato a certezza esistenziale, e chi non ne è schiavo finisce per essere travolto dai residui di chi invece lo è eccome. Un inizio, una fine. In mezzo, il vuoto romanzesco, quella fervida immaginazione che accompagnó per una vita intera la stroardinaria carriera di questo autore.
La presenza del marchese di Bolibar aleggia oltre la vita, sulle pagine preziose di questo romanzo. Il compito finale, la (auto)distruzione del battaglione tedesco nella campagna spagnola ci sorprende segnata dalle parole, dai visi che mutano, dai corpi di cui un movimento fugace ci lascia intravvedere il profilo del Barone. Ma chi è veramente il Barone di Bolibar? Perutz con la sua abilità mitopoietica punteggia il racconto di sue smarrite presenze e oltre l’ultima pagina, ancora storditi ci si può ritrovare a mani vuote: e se il Marchese di Bolibar non fosse mai esistito; se fosse solo la parte oscura dei personaggi che porta all’autodistruzione? Non serve risolvere l’enigma.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
PERUTZ, LEO, Il marchese di Bolibar, Adelphi, 1987
PERUTZ, LEO, Il Maestro del Giudizio Universale, Serra e Riva, 1987
recensione di Morello, R., L'Indice 1987, n.10
Una misteriosa catena di suicidi, un'atmosfera inquietante e ossessiva, scandita da continui colpi di scena, sullo sfondo della Vienna dei primi del Novecento, un giallo che si colora sempre più di nero con cupe suggestioni demoniche e irrazionali, questa è la ricetta de "Il Maestro del Giudizio Universale". Il romanzo è una sapiente mescolanza di esoterismo e tradizione ottocentesca, un tipico prodotto di quella letteratura fantastica di ascendenza praghese fiorita in Austria sulla scia del successo riportato dal "Golem" di Mayrink. Nato a Praga nel 1884, vissuto a Vienna sino al 1938 ed emigrato poi in Israele, matematico dì professione, Perutz è un 'petit maitre' di questo filone letterario in cui la vena cupa e mortuaria, vagamente barocca, dell'animus praghese si stempera nel gusto convenzionale e rassicurante del feuilleton viennese. La lettura è avvincente, l'intreccio ingegnoso, la tipica struttura a scatola cinese (ritrovamento di un memoriale che a sua volta riporta il testo corrotto di un manoscritto medioevale contenente la chiave del mistero, il tutto corredato dalle note di un curatore) riesce a dosare sapientemente i classici effetti da thriller, trasmettendo al lettore quel carattere enigmatico e sfuggente dell'esistenza e quell'oscuro senso di colpa che costituiscono i tratti distintivi di molta letteratura praghese. "A questo mondo non c'è che il terrore per difendersi dall'angoscia", scriveva un autore di quegli anni, e Perutz appare affascinato dalle storie tenebrose e fatali, dominate dall'incombere del destino e da terribili maledizioni, in cui l'irrazionale è sempre sul punto di irrompere nel quotidiano per sconvolgerne l'ordine rassicurante.
"Il marchese di Bolibar", scritto nel 1920, è la storia di due reggimenti tedeschi al seguito di Napoleone che, durante la guerra di Spagna, vanno incontro alla disfatta e alla morte nella cittadina di La Bisbal. La vicenda, riportata in un crescendo febbrile ed esaltato nel memoriale di un giovane ufficiale scampato alla strage, è segnata dalla presenza di due misteriose figure: l'inafferrabile marchese di Bolibar, animato da una sete di vendetta che spingerà i suoi nemici all'autoannientamento e l'ufficiale Salignac, reincarnazione dell'Ebreo Errante. Bolibar è un nome senza volto che via via assume tutti i volti, metafora dell'irriducibilità della coscienza all'ordine della ragione, mentre Salignac impersona l'angoscia e la colpa che accompagnano il destino dell'umanità. Due storie avvincenti, scritte con sicuro mestiere letterario da un autore brillante che Lernet-Holenia considerava suo ideale maestro.
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