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Libro scritto alla maniera di Houellebecq ma non brilla.sicuramente il più introspettivo ma nel denudarsi l'autore omette le sue elucubrazioni psicoanalitiche e la dose di colpi di scena(a parte uno fondamentale)che lo rendono un gigante.piu' sotto tono rispetto alle particelle e a sottomissione.
Non capisco una cosa di questo romanzo poteva essere un libro completo alla fine del Secondo capitolo quando il protagonista saluta lo scrittore hollebueq. Dopo diventa un thriller e non si capisce quale legame ci sia tra la prima e la seconda parte. A parte questo i primi 2 capitoli sono davvero piacevoli.
E' il mio libro preferito di Houellebecq, da leggere, come tutti i suoi, dopo i 40 anni, lo sconsiglierei a un giovane. I libri di Houllebecq sono poi da prendere a piccole dosi, distanziati uno dall'altro di almeno un anno. Dalla lettura si esce prosciugati, inariditi, è come un memento mori dalla prima all'ultima pagina. Dopo la lettura per un po' tutto è da ricostruire, si vedono le cose in altro modo. Unico, per me il più grande scrittore vivente.
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Si può dare una rappresentazione oggettiva del mondo? La carta, e con essa quel dispositivo simbolico che generalmente chiamiamo arte, può essere migliore del territorio, ossia della realtà che è chiamata a descrivere? Cinque anni dopo l'ultimo polverone mediatico, Michel Houellebecq torna alla ribalta letteraria con un libro coinvolgente, che riflette su una delle poche questioni che non cedono all'usura del tempo. Schopenauer alla mano, ma senza rinunciare al piacere della lettura. Per rispondere a nemici e detrattori che lo accusano di essere solo il sopravvalutato frutto di un'operazione commerciale, Houellebecq ha fatto precedere all'uscita del libro un lungo testo sul Mondo come volontà e rappresentazione, offrendo così le istruzioni per l'uso del suo nuovo libro.
I tre personaggi principali, Jed Martin, quotatissimo pittore-fotografo che riesce a intrattenere una relazione solo con la propria caldaia difettosa, Michel Houellebecq, scrittore di successo e alcolizzato, e il commissario Jean-Pierre Jasselin sono votati alla stessa passione, esclusiva e solitaria: la ricerca dell'oggettività. Sin dagli inizi della sua carriera d'artista, Jed fotografa oggetti d'acciaio di grande precisione, per descrivere il mondo con la massima obiettività. In seguito, fotografando carte stradali della Michelin, diventa famoso mostrando come la rappresentazione della natura sia esteticamente e ontologicamente migliore del territorio. Anche quando decide di riprendere l'uso della pittura a olio per ritrarre i mestieri della postmodernità, Jed mostra che l'arte prova sempre a superare il proprio oggetto. Non stupisce perciò che il percorso personale e persino le scelte formali di Martin siano simili a quelli di Houellebecq, personaggio e autore di un romanzo in cui troviamo ricopiate le istruzioni di una macchina fotografica, un pasto Rayanair o una voce di Wikipedia. Quando Martin riconosce nello scrittore il suo "doppio", vede in lui uno spirito affine. L'amicizia è comunque preclusa, perché poco dopo lo scrittore viene ucciso.
Mettere in scena la propria morte non è un atto di narcisismo, ma un esercizio spirituale, compiuto nel tentativo di sbarazzarsi del proprio ingombrante io. Per Schopenauer, l'individuo si guarda recitare sul teatro del mondo, come fosse seduto in platea. Annullandosi, contempla la realtà e la volontà. (E con Coetzee, quest'anno sono due gli autori che rappresentato la propria morte...). Anche Jasselin, protagonista della terza parte del libro, non vuole sapere chi ha decapitato e fatto a pezzi Houellebecq e il suo cane, ma se il movente sia meno scontato del denaro e del sesso. Purtroppo non è così, Houellebecq è stato ucciso per il valore di un quadro. Il futuro che La carta e il territorio ci prospetta non conosce arte, ma solo mercato: uno strato di cenere vela le menti, ripetute, gravissime crisi economiche si susseguono, le persone vivono in solitudine e abbandonano le città. Per Jed Martin, figlio di un architetto anarchico, l'arte mantiene però il paradossale valore di manufatto utopico. Inaspettatamente, la figura che domina le vite dei due Martin e di Houellebecq è quella dell'utopista inglese William Morris. Con i suoi manufatti e decorazioni, Morris non desiderava rappresentare il mondo, ma renderlo "semplicemente" migliore. È vero, Jed Martin non riesce a coltivare il proprio giardino e a costruire case per gli uccelli, ma non smette per questo di fissare sulla carta e sugli hard disk immagini della vita che passa e che cerca, in perfetta solitudine, di sottrarre all'oblio.
Stefano Moretti
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