La toga rossa

La lettura del libro, comunque interessante e da leggere per chi ha vissuto il periodo in cui le “toghe rosse” facevano quello che volevano, mi ha almeno in parte deluso. Pensavo che Francesco Misiani, che aveva iniziato la carriera facendo parte di quel gruppo di giudici, che viene indicato come “toghe rosse” e che riteneva che il loro compito era quello di “abbattere lo Stato borghese” applicando le leggi in modo personale, al limite e spesso anche oltre il limite di una corretta interpretazione, essendosi in qualche modo “pentito” ed avendo accettato di farsi intervistare da un bravo giornalista, Carlo Bonini, avrebbe “vuotato completamente il sacco”. Lo ha fatto solo in parte. Ha ammesso, avendo fatto parte del pool di “Mani pulite”, che se avesse insistito, sarebbe riuscito a dimostrare che il PCI non era estraneo al circuito del finanziamento illecito da parte delle imprese, ma, dopo aver dichiarato di non averlo fatto, lì si è fermato. Ha iniziato l’intervista dicendo che “Se non avessi ritenuto che fosse giusto giudicare, certamente non avrei fatto questo mestiere.”, ma alla fine dell’intervista confessa di rendersi conto della sua incapacità di giudicare e “che ora non sarei più in grado probabilmente di guardare un imputato negli occhi.”