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Indice
Introduzione
1. «Come si può essere siciliani?». Francesco Paolo Di Blasi illuminista
Una vicenda biografica paradigmatica/Gli scritti di un illuminista/Essere siciliani «con difficoltà»
2. Riscritture di riscritture. Il romanzo storico risorgimentale dal moderno al postmoderno
Testimonianze romanzesche/Romanzi controstorici del Risorgimento/Altre controstorie postmoderne
3. Verga e la mafia: una lettura della Chiave d’oro
La tematica mafiosa in una novella poco fortunata/Una riscrittura omissiva e una traduzione interpretativa/Una Storia senza progresso
4. Valera e l’assassinio Notarbartolo
Il documento letterario di un delitto fondativo/Il romanzo-inchiesta di un “fattista”
5. Sciascia, la mafia e la letteratura
Un “mafiologo” controvoglia/Navarro della Miraglia/Letteratura e mafia/I mafiosi
6. Sciascia giornalista “malgrado tutto”
Sciascia, il giornalismo, i giornali/Il cuore della Sicilia (e della sua metafora): Quaderno/«La nera scrittura» sulla «nera pagina della realtà»: Nero su nero/Polemiche per l’avvenire: A futura memoria (se la memoria ha un futuro)
Bibliografia
Come si può essere siciliani? Sciascia lo chiede ai lettori e a sé stesso. La letteratura è piena di modi di esserlo, quasi che con il termine “siciliano” non si denoti un aggettivo, quanto piuttosto uno spettro che si agita sul fondo dell’essere italiani, un’identità ipotetica che si vuole originaria e immutabile.
Verrebbe da dire: “Uno spettro si aggira per l’Italia, e quello spettro è la Sicilia”, il problema è capire a cosa rimanda tale spettro, da quale corpo sia esalato. Composto per lo più da bozzetti pittoreschi, stereotipi radicati, amplificato da modelli letterari assunti acriticamente come schemi interpreta?tivi onnicomprensivi, spesso reazionari, autoassolutori, clamorosamente fuorvianti. (…) Di Gesù indaga questo strano spettro metastorico a cui si delega il compito di spiegare la Sicilia e con essa i siciliani. In particolare si domanda quanto peso abbia avuto la letteratura nel costruire questo spettro, e successivamente nell’alimentarlo, garantendogli una resistenza capace di protrarsi sino ai giorni nostri.
In questo è erede dei saggi critici della generazione di Giarrizzo, Luperini, Orlando e Nigro (…), anche se a ben vedere, forse, l’influenza più determinante è quella di Said e dei suoi studi postcoloniali. Analogamente a quanto fatto dallo studioso palestinese, Di Gesù si chiede se i processi che hanno portato alla formazione della nazione italiana non possano essere considerati anche processi di colonialismo interno, estendendo in tal modo l’idea di orientalizzazione anche al nostro mezzogiorno. Lo scopo è quello di definire un post-coloniale italiano, e di farlo attraverso lo strumento dell’inchiesta sciasciana, usando cioè la letteratura come grimaldello per sondare criticamente il reale, in un processo continuo di demistificazione.
I saggi presenti nel volume si muovono tutti lungo questo doppio crinale: Di Blasi, Verga, Valera, Sciascia sono analizzati non in quanto siciliani, ma in quanto dispositivi capaci di far deflagrare qualsiasi tentativo di definire un’identità siciliana stabile, continua, rassicurante. La lezione di Di Gesù è chiara: per sciogliere il nodo dell’identità, occorre moltiplicare l’attenzione sulle differenze, raffinare l’analisi, ricominciare sempre da capo. Ciò significa deporre ogni fiducia nei limiti opposizionali comunemente accreditati, tra Sicilia e continente, evitando allo stesso tempo di cadere nell’errore opposto, ossia nel mescolare tutto con tutto e precipitare così di nuovo verso il terreno accidentato delle analogie, somiglianze, identità. La sensazione dominante è che la Sicilia e l’Italia, non siano identità opposte e conflittuali, ma poli opposti dello stesso mosaico contraddittorio al quale, nelle occasioni ufficiali, ci piace dare il nome di nazione.
Recensione di Daniele Zito
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