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Riflettere sulla storia nazionale nel centocinquantenario dell'Unità significa anche illustrare i legami tra la società e la cultura italiana, soprattutto nella sua dimensione popolare. In tale direzione, può aiutare lo studio dei rapporti fra le canzonette di Sanremo e i rivolgimenti intervenuti lungo l'ultimo sessantennio. Partendo da una tesi di laurea del giovane Matteo Piloni, cui in queste pagine si deve l'approfondimento su Sanremo giovani, Serena Facci (docente di etnomusicologia a Tor Vergata) e Paolo Soddu (che insegna storia contemporanea a Cremona) costruiscono un saggio che piacerà non solo agli storici, ma anche agli appassionati di musica popolare: gli spartiti riprodotti, le fini notazioni tecniche, l'indice dei nomi basato sui titoli sono altrettante ottime idee. Di edizione in edizione, viene ripercorsa la storia del costume nazionale attraverso i suoi versanti meno progressisti (ben rappresentati da Non ho l'età, Chi non lavora non fa l'amore, Luca era gay) come pure mediante la rievocazione delle più rare istanze progressive (è il caso di Pensa, brano antimafia di Fabrizio Moro). La rassegna, arricchita dai riferimenti all'evoluzione musicale nel resto del mondo, nonché da illuminanti osservazioni di sintesi, per esempio sulle prevalenze di genere fra gli interpreti nel trattare i diversi temi, si arresta prima della vittoria nel 2011 di Vecchioni, cui dobbiamo un toccante grido di dolore e di speranza per la tormentata stagione attuale, anche se forse il pezzo più rappresentativo della nostra realtà nazionale portato al festival è stato La terra dei cachi di Elio & Le Storie Tese, anno 1996, vittoria elettorale dell'Ulivo e del centrosinistra.
Daniele Rocca
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