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Anno edizione: 2010
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Merita assolutamente una attenta lettura, ma dovete avere lo stomaco per reggere alla lunga serie di orrori che l'autore (una leggenda tra i reporter di guerra) riporta nel periodo coperto dal libro, il ventennio tra la meta degli anni settanta e meta' dei novanta, piu' un'appendice fino al 2006. Fa riflettere il fatto che la tragedia libanese si sia replicata, pur se in un arco di tempo inferiore, in Iraq, in Siria e purtroppo sia destinata a replicarsi ancora in altre parti del Medio Oriente.
La testimonianza concreta che nonostante tutto si puo' ancora fare del giornalismo raccontando i fatti. Bisogna volerlo, bisogna ricercarlo. Robert Fisk ci fa viaggiare nel Libano attraverso la sua cronaca ora romanzesca ora cruda e sincera portandosi addosso i segni di un giornalismo sempre piu' raro ed in certi casi "eroico" come nel racconto del suo ritorno dall'Irlanda per assistere alle conseguenze dei massacri dei campi profughi di Sabra e Shatila. Un libro che e' cronaca,che e' storia degli ultimi 50 anni di una regione , di una terra che sembra non trovare pace. Un libro che sa commuovere, che fa inorridire, che cinicamente ci dice ci parla della natura umana. Un libro fondamentale per districarsi nel groviglio mediorientale. Grande Fisk
E' un libro a metà strada tra la storia contemporanea e la cronaca narrata da chi l'ha vissuta in prima persona e dolorosamente. A me, che pure cerco di essere informato sugli avvenimenti che hanno costellato la mia esistenza, la storia degli ultimi anni succedutisi in quella regione medio-orientale erano quasi del tutto sfuggiti. Forse perché i nostri inviati di guerra non ci hanno "inviato" resoconti completi di tutto ciò che è accaduto a due ore di volo dall'Italia. L'intrico dei personaggi e delle varie ideologie in campo è forse al di sopra della, almeno mia, catalogazione di un uomo che non sia un attaché del ministero degli esteri, ma è sempre lucida e raccontata con la scorrevolezza di un un racconto vissuto e rivissuto nel mezzo delle sofferenze e della morte. Nonostante ciò il libro fa apparire sempre un baluginio di speranza in mezzo a nefandezze di ogni genere che vanno al di là della comprensione umana, il massacro di Sabra e Shatila venduto come una merce da chi la commesso e da chi dice di averlo patito senza averlo in realtà subito perché gli unici che lo abbiano sofferto non ci sono più, vittime ignare ed innocenti della peggiore cattiveria umana. Dalla lettura di questo libro nasce la consapevolezza che l'invasione sionistica di una terra spaventosamente arida e maldesiderata da ogni essere di buon senso sia stato l'innesco di martirii, subiti e inflitti, troppo gravi da essere giustificati. E' un libro illuminante.
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