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Il recente successo di film come Il gladiatore o Troy ripropone ancora una volta la questione dell'importanza che le immagini rivestono nella comunicazione del mondo antico. Questo studio di tre ricercatori che si muovono fra la linguistica applicata e la storiografia antica cerca di analizzare il modo in cui l'immaginario dello spettatore moderno sia stato condizionato dalla visione dei film del genere peplum nella comprensione del mondo romano. Il volume è diviso in tre parti: nella prima si esaminano alcuni temi e figure particolarmente rilevanti della cinematografia sul mondo antico, come Giulio Cesare, Nerone, Marco Aurelio, delineando una sorta di "storia cinematografica" di Roma da Romolo e Remo fino al tramonto dell'Impero. Il discorso procede con leggerezza, un certo senso dell'umorismo e molti riferimenti all'attualità. Nella seconda parte, brevissima ma non trascurabile, gli autori riflettono sul ruolo della cinematografia a scuola e sull'importanza che essa può avere nell'acquisizione di conoscenza. Nella terza sono presentate ventisette schede di film o serie televisive di argomento romano e di qualità molto diversa: Cabiria, Ben Hur, La caduta dell'impero romano, Il gladiatore sono raccontati con estrema sintesi e corredati da una serie di valutazioni e giudizi che permettono anche una prima utilizzazione didattica della pellicola. È un libro gradevole, di agile lettura, non specialistico, a cui avrebbero giovato qualche approfondimento bibliografico e una correzione di bozze supplementare: l'editrice Lindau diviene "Lindan" e Stanley Donen si trasforma in un improbabile "Donene"; Segio Corbucci diventa "Corrucci".
Andrea Balbo
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