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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2014
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Molto ben scritto, sagace e ironico, ma vero. Chi ha vissuto quegli anni vi si riconosce,
Intersecare le vicende personali con la storia e la politica del nostro Paese. Un ripasso di fatti e di storie che si fa presto a dimenticare. Autoironia godibile ben spesa (si pensi all'avventura sanremese o all'intervista con Marzullo). Scrollatasi di dosso l'etichetta di scrittore "supergiovane" Brizzi ci darà ancora molto, sia nel filone viandante, sia come romanziere.
Arguzia e poesia si intrecciano alla storia politica d'Italia dell'ultimo ventennio e ne vengono -è inevitabile- mortificate. Pur essendo di scorrevole lettura il testo è dunque appesantito dalla cronaca politica a cui l'autore dedica ampi spazi, soprattutto nella seconda metà del libro, assai più lenta e meditabonda della prima. Salvato dallo humor, dal racconto autobiografico e da una nota finale di speranza (pur testimoniando che la parola era da Monicelli giustamente odiata), l'ultimo lavoro di Brizzi ci fa memoria della nostra attuale decadenza civile -senza peraltro approfondirne le ragioni- e ci rammenta le tappe che abbiamo attraversato. Il quadro che ne risulta non può che stupirci, ancora. Ogni tanto si ride, per fortuna, ma solo per sfinimento e desolante impotenza. Per attraversare in qualche modo l'indignazione. E mentre l'Italia si paralizza alla prima nevicata dicembrina, possiamo metterci a sognare un'altra primavera, quella che l'autore auspica a chiusura del suo tour: tutt'altra camminata rispetto ai lunghi viaggi a piedi intrapresi dall'ex giovane narratore di Jack Frusciante. Tre palline e mezzo.
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