Economisti che sbagliano. Le radici culturali della crisi

La crisi economica (che può assumere varie forme: a "V", a "L", a "W"?) viene affrontata in buona sintesi nelle sue cause ed effetti, soprattutto sotto il profilo della cultura economica di vari economisti, nonchè nelle nozioni o caratteristiche del rischio e dell'incertezza, secondo le varie concezioni: neoclassica (mainstream sostenitori del Washington consensus), keneysiana e altre esperienze.Chi aveva previsto la crisi? Anzitutto Roubini, nei meccanismi delle 3 teorie di Minsky: della fragilità finanziaria (tra posizione coperta e la Ponzi Finance), delle crisi e dell'evoluzione del capitalismo. Seguono analisi e riferimenti a situazioni e loro collocazioni nelle varie teorie e pensatori. L'ultimo capitolo "Il futuro del capitalismo" sembra il più efficace, indicando le due tendenze che hanno caratterizzato i decenni recenti: della globalizzazione (interdipendenza economica mondiale; espansione dei mercati finanziari) e della finanziarizzazione, la quale ultima che porta alla responsabilità della instabilità economica e della crisi, ciò nonostante i tentativi protezionistici di alcuni paesi. Peraltro, "l'economia di mercato non funziona nel vuoto: funziona all'interno di un sistema politico e sociale, che interagisce con essa per varie cause". Da tutto questo conseguiranno ripercussioni sociali ? Quantomeno per le parti più deboli della società e per la coesione del sistema? Occorrono pertanto "interventi per consolidare aspetti quali l'efficienza della giustizia e soprattutto l'attività formativa dell'istruzione, che ha importanza vitale per contrastare il calo di tensione morale che caratterizza l'Italia di oggi", cosiccome ben sintetizzata nell'invettiva di Paolo Sylos Labini come la sua diagnosi e prognosi: "Ahi serva Italia!"