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Se ci si vuole scervellare potrebbe essere un esercizio divertente... I film presi in esame sono certamente suscettibili di disamine complesse, ma in un certo qual modo l'analisi così contorta li sfianca finendo con l'ottenere il risultato di renderli meno interessanti.
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Il rapporto tra filosofia e cinema non è un tema nuovissimo, basti pensare a Benjamin o Deleuze, tuttavia, Stramaledettamente logico. Esercizi di filosofia su pellicola è un libro per certi versi sorprendente, che raccoglie quattro saggi (di Achille C. Varzi, Roberto Casati, Nicla Vassallo e Claudia Bianchi) dedicati ad altrettanti film (cinematograficamente non sempre memorabili), analizzati dal punto di vista metafisico, epistemologico o della filosofia del linguaggio; completano il tutto una breve prefazione e una densa postfazione, illuminante per definire la strategia generale del progetto, dello stesso Massarenti.
La specificità dell'opera cinematografica diventa qui uno strumento per affrontare alcuni problemi filosofici del nostro tempo, funzionando esattamente come le grandi creazioni della letteratura mitologica antica o come gli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola: attraverso l'organizzazione di un percorso narrativo esteticamente marcato, il film ci rappresenta situazioni impossibili o paradossali, utili però ad approfondire la nostra percezione di problemi centrali, quali il complesso rapporto tra le dimensioni del tempo, le qualità della conoscenza o la pragmatica della comunicazione. I quattro filosofi che sviscerano la saga di Terminator, Ricomincio da capo, Matrix e Oltre il giardino offrono un viaggio imperdibile attraverso il cinema come chiave per affrontare in modo diverso e assai efficace concetti e pensieri che da secoli impegnano i filosofi. A prima vista potrebbe sembrare un uso strumentale e deviato del cinema, la cui estetica e i cui valori parrebbero posti in secondo piano; invece sono proprio l'estetica e il linguaggio cinematografico a essere gratificati da questo libro, che riesce a trasmettere in modo chiaro e immediato come il percorso e l'organizzazione del tessuto immaginativo (in senso etimologico) del film possano rispecchiare o implicare anche complesse e profonde strutture di pensiero: "La riflessione che scaturisce dal poter vedere coi nostri occhi ciò che accadrebbe se il mondo fosse diverso rispetto a com'è, è un esercizio filosofico che può talvolta superare in utilità la speculazione teorica sui mondi possibili" (Massarenti).
A livello più generale questo libro ci conferma quanto il cinema stia diventando sempre di più un'arte ultradiscipilinare, capace di interessare legittimamente studiosi di diversa estrazione (e spesso con ottimi risultati), senza però smarrire la propria specificità e unicità: resta il rischio di considerare il cinema un po' troppo come uno "strumento" per capire o indagare altre cose e troppo poco in sé come una delle forme di espressione e di comunicazione più importanti del nostro tempo. Credo però che si possa scampare il pericolo leggendo attentamente libri come questo, dove l'analisi "decentrante" del film non sfugge mai al rispetto per la sua autonomia artistica: il passo decisivo sarebbe quello di far sempre più intensamente precedere ogni approccio eterogeneo da una profonda riflessione sugli aspetti tecnico-linguistici che costituiscono la retorica della narrazione su pellicola.
Roberto M. Danese
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