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Ho trovato il libro troppo complesso. Si perde in dimostrazioni matematiche molto specifiche risultando quindi molto pesante nella lettura. Lo consiglio solo ha chi ha già un notevole bagaglio matematico già alle spalle.
Un ottimo libro/manuale che chiarisce e semplifica molti dei passaggi del teorema di incompletezza di Goedel mantenendo un buon rigore formale, consigliato a chi ha gia' una conoscenza di base della logica dei predicati.
Ben fatto. Trasforma uno dei più complessi argomenti di logica matematica in una sorta di romanzo scientifico. Lentamente e progressivamente, il lettore entra in uno dei più complessi e fecondi temi della matematica contemporanea. Consigliatissimo.
Recensioni
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Un titolo simile invita gödelianamente all'autoriferimento, e l'autore non nasconde di essere anche lui pazzo per Gödel. Purtroppo non è vero, o lo è nel senso pubblicitario trasmesso dallo stile compiacente del titolo: la dice lunga sulla cultura della nostra civiltà il fatto che si possa urlare di essere pazzi per una cosa di cui non si sa nulla e che non si capisce, se è venduta bene. La recente fama mediatica, alimentata dal clamore organizzato per il centenario della nascita (1906-1978), che ha trasformato Kurt Gödel in un'icona del ventesimo secolo, è perfettamente compatibile con l'incomprensione diffusa, alla quale si spera che pongano rimedio libri come questo, e con il disinteresse degli studiosi che dovrebbero essere influenzati dal lavoro del logico austriaco. Non basta citare John von Neumann, o Einstein o Karl Popper che esaltano la grandezza di Gödel per giustificare l'affermazione che "questa dimostrazione [ha] cambiato la nostra comprensione della matematica e, secondo alcuni, anche di noi stessi".
Un matematico e, a tempo parziale, logico intelligente come Paul R. Halmos ha dichiarato: "Certamente, qualunque matematico trova affascinanti e degni di rispetto i famosi risultati di Gödel e di Cohen sull'esistenza necessaria di proposizioni indecidibili e sulla indipendenza dell'assioma di scelta e dell'ipotesi del continuo (
Questi) spettacolari teoremi (
) li ammiriamo, ma essi non hanno cambiato il nostro lavoro, la nostra filosofia, la nostra vita" (I want to be a Mathematician, Springer, 1985).
Gödel non ha fortuna neanche presso i fisici, nonostante abbia trovato nuove soluzioni delle equazioni cosmologiche, per le quali fu insignito del Premio Einstein. Subrahmanyan Chandrasekhar e James P. Wright lo hanno liquidato nel 1961 sostenendo superficialmente ed erroneamente che aveva sbagliato i calcoli nell'affermare la possibilità di compiere viaggi nel passato lungo una geodetica in un universo di Gödel.
Alcuni fisici esprimono una confusa preoccupazione che il fenomeno dell'incompletezza abbia qualche riferimento negativo alla possibilità di una "teoria del tutto", ben guardandosi dal risolvere il dubbio con un piccolo sforzo di approfondimento matematico: "Che relazione c'è tra il teorema di Gödel e la possibilità che riusciamo a formulare la teoria dell'universo, in termini di un numero finito di principi? (
) Una teoria fisica è autoreferenziale, come nel teorema di Gödel. Ci si può perciò aspettare che essa sia o contraddittoria o incompleta" (Stephen Hawking). Ne parlano orecchiando, non diversamente dai postmodernisti fustigati da Sokal (Alan Sokal e Jean Bricmont, Imposture intellettuali, Garzanti, 1999; cfr. "L'Indice", 1999, n. 10), per i quali l'incompletezza è la fine della modernità.
I filosofi, dal canto loro, portano Gödel a esempio di come una capacità di pensiero matematico possa coesistere con una totale sprovvedutezza in questioni filosofiche, trovano disdicevole il disinteresse di Gödel per le correnti alla moda in filosofia, come Wittgenstein o Quine, lo bollano come uno sprovveduto prekantiano (Burton Dreben e Warren Goldfarb), lamentano il suo rozzo platonismo (Charles Chihara) e il suo ingenuo rivolgersi alla fenomenologia.
Chi ha fiducia nel giudizio di von Neumann e di Einstein deve allora faticare per capire che la grandezza di Gödel non è fondata su un fraintendimento pubblicitario. La matematica è cambiata tra Ottocento e Novecento, per una rivoluzione nella concezione del metodo assiomatico che è stata analizzata, precisata e definita dalla nuova logica. Gödel ha messo il sigillo conclusivo, concludendo e chiudendo questa ricerca, e nello stesso tempo ha posto le basi per la matematica futura impostando la fondazione della teoria della calcolabilità effettiva, in una parola la teoria dei calcolatori. È raro che si trovino lavori così positivamente ambigui, una specie di Angelus novus bifronte: come i Principia di Newton, che usano la vecchia geometria ma aprono alla nuova analisi matematica della realtà.
Non si possono apprezzare lavori tanto importanti senza conoscerli. Questo libro di Berto si svolge in due parti: nella prima c'è una presentazione dettagliata dei teoremi di incompletezza e della loro dimostrazione. Nella seconda una valutazione della loro importanza e dei loro effetti, attraverso alcuni dibattiti e polemiche susseguenti.
L'autore ammette onestamente che per seguire l'esposizione occorre aver assimilato un corso di logica di medio livello; per sua buona sorte l'editore non ha messo l'avvertimento in copertina. Ma anche il fortunato Gödel, Escher, Bach. Un'eterna ghirlanda brillante di Douglas R. Hofstadter (Adelphi, 1984; cfr. "L'Indice", 1984, n. 3) conteneva praticamente e tacitamente, che è la miglior forma di divulgazione, un piccolo manuale di logica. Berto trova e riprende da Hofstadter molte efficaci soluzioni espositive. Presenta la dimostrazione nella forma originale, quella ispirata al paradosso del mentitore, non quelle indicate come possibili da Gödel e trovate in seguito, ispirate agli altri paradossi. L'esposizione è chiara e piacevole, alleggerita da espressioni colloquiali in linea con la frivolezza del titolo (non tutte indovinate: non chiamerei "soprannaturali" i numeri non standard, perché si confondono con quelli di Conway).
Per la seconda parte, intitolata Il mondo dopo Gödel, Berto ha proficuamente usufruito dell'esposizione critica di Torkel Franzén (Gödel's Theorem. An Incomplete Guide to its Use and Abuse, AK Peters, 2005, un libretto aureo che sarebbe da tradurre e che, realisticamente, si dichiara incompleto, mentre il nostro pretende di essere l'impossibile "guida completa"). Gli argomenti trattati sono innanzitutto le interpretazioni più fantasiose: quelle postmoderniste, secondo le quali non c'è più la verità, quelle politiche ("Non esiste sistema organizzato senza chiusure", Regis Debray) e religiose (la Bibbia è completa?, bisogna uscire dal mondo per capire il mondo). Quindi un approfondimento è dedicato ai temi della filosofia della matematica, del realismo e del problema di dove ancorare la certezza della matematica. Infine, maggior spazio è giustamente dedicato al tema dell'intelligenza artificiale e al rapporto tra mente e macchine. Su questo argomento è intervenuto lo stesso Gödel, trovando come al solito la formulazione più corretta e rispettosa delle conoscenze disponibili: "Tuttavia, se una tale regola [per generare tutta la matematica] esiste, noi con la nostra comprensione umana non potremmo certamente mai riconoscerla come tale, vale a dire, non potremmo mai sapere con certezza matematica che tutte le proposizioni che essa produce sono corrette (
) Se fosse così, ciò significherebbe che la mente umana è equivalente a una macchina finita che, tuttavia, è incapace di comprendere completamente il proprio funzionamento. Questa incapacità dell'essere umano di comprendere se stesso gli apparirebbe allora erroneamente come la propria (della sua mente) illimitatezza o inesauribilità" (Opere. Vol. 3, Bollati Boringhieri, 2006).
Chiude il libro una discussione del caso Wittgenstein, che rifiutò il teorema, per lo sconcerto dei suoi ammiratori che credevano che non lo avesse capito. Lo aveva capito benissimo, ma esso non era compatibile con la sua visione della matematica come un insieme di calcoli incomunicanti e privi di interpretazioni: il teorema di Gödel ha senso solo se il formalismo aritmetico ha due interpretazioni, una aritmetica e una linguistica, quando esso è usato come metateoria di se stesso. Berto giustifica le argomentazioni di Wittgenstein ipotizzando che possano essere inserite in una logica paraconsistente. Egli stesso, tuttavia, confuta Wittgenstein quando nel tirare le somme della sua esposizione, nell'ultima pagina, si chiede quale sia il significato dell'incompletezza, e propone che "possiamo trovare significati anche dove meno ce l'aspetteremmo; ad esempio in un pacchetto di stringhe di segni che si rivela capace di introspezione". Gabriele Lolli
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