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Dodici scritti variamente apparsi tra il 1968 e il 1998 rappresentativi di altrettanti snodi del percorso dell'ultimo Gadamer per suo stesso volere radunati sotto il titolo Linguaggio. Titolo decisivo non solo perché com'è noto il suo nome figura tra i maggiori esponenti della linguistic turn novecentesca ma soprattutto perché come scrive la curatrice Donatella Di Cesare proprio in merito a questa svolta egli sentiva di essere stato non compreso se non forse frainteso. Arrivando a dichiarare in un'intervista del 1997: Ma proprio no non l'ho mai pensato né l'ho mai detto che tutto è linguaggio.
Ecco dunque la questione che da subito pone in gioco la ricezione dell'opera gadameriana e da cui nasce l'interesse di questo volume. Troppo spesso infatti specie in relazione al linguaggio dire Gadamer vuol dire Verità e metodo opera di una vita apparsa nel 1960 dopo un silenzio quasi trentennale. Ma si dimentica così che dopo l'opera maggiore pietra miliare della cultura novecentesca Gadamer vive e lavora ancora per quarant'anni. E si dimentica soprattutto che la terza parte di quell'opera quella cioè relativa alla svolta dall'essere al linguaggio è anche quella su cui egli più sarebbe tornato con un movimento che può ben rappresentare il filo conduttore della fase ultima della sua attività.
In questo senso i saggi qui presentati quasi tutti per la prima volta in traduzione italiana hanno il merito di introdurci a un Gadamer sconosciuto o perlomeno non conosciuto che dagli specialisti. In essi si incontrano grandi motivi molti dei quali già tracciati in Verità e metodo: dalla verità della parola alle sue declinazioni tra voce e scrittura ed ascolto e lettura dal confronto tra parola e immagine al nesso che il linguaggio intrattiene con le nozioni di gioco e rituale. Grandi motivi che se già tracciati nel 1960 percorrono qui sentieri talvolta inaspettati aperti non solo al continuo dialogo con Schleiemacher e Heidegger ma anche a fertili confronti con altre tradizioni di pensiero quali per esempio la fenomenologia francese e la decostruzione di Derrida.
Non è luogo di approfondire ciascuno di questi saggi vale la pena ricordare almeno Parola e immagine: così vere così essenti per originalità densità e complessità scrive Di Cesare espressione ultima e più alta della riflessione estetica di Gadamer. Saggio dove a partire dal Filebo platonico e dalla enérgheia aristotelica parola e immagine vengono riportate a qualcosa di comune a entrambe definibile come un venir fuori in nome del quale tanto la produzione quanto la ricezione dell'arte si presentano anzitutto come un fare. Capace quest'ultimo di riporre in questione lontano da ogni dualismo segno/referente il valore dinamico anticamente contenuto nella nozione stessa di mímesis.
Al di là però dei temi ribelli a ogni sistema consegnati piuttosto alla libera avventura del lettore quanto colpisce di questi saggi è in primo luogo la forza del pensiero e della parola che vengono fuori dallo scritto quasi mantenendo il movimento e si direbbe il corpo dell'oralità.
Davide Racca
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