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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2012
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Libro illeggibile è la prima volta che Camilleri mi delude.
Spaccato commovente di vita Siciliana con la storia fiabesca di un giovanissimo pastore mandato al pascolo con le pecore, che cresce e sopravvive grazie all’aiuto amoroso con una capra, da cui non riesce più a staccarsi e con la quale intreccia situazioni paradossali quasi umane. Ma è l’uomo che diventa animale o l’animale che si trasforma in uomo?
A distanza di 10 anni dalla lettura di questo meraviglioso libro, ho ancora vivo dentro il mio cuore il patema d'animo vissuto in simbiosi con il protagonista Giurlà di quando deve scegliere se salvare Anita o Beba. Un libro per me da 6 stelle
Recensioni
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All'inizio del secolo scorso, in una Vigàta arsa dal caldo e dall'afa, le famiglie stentano a portare il pane sulle loro tavole e i "picciotti" spesso vengono venduti per essere mandati a lavorare sotto terra, senza luce e senza aria, nelle miniere di zolfo. Ma Adelio è un pescatore e, chiesto consiglio a Don Pitrino Vadalà, un uomo ricco e colto che compra sempre il suo pescato, ha deciso che il suo figliolo quattordicino, Giurlà, non può subire quella condanna. Piuttosto, visto che la famiglia ha bisogno, lo avrebbe mandato a guardare le capre, nelle montagne dove Don Pitrino ha i suoi possedimenti.
è triste la partenza di Giurlà. Seduto sul treno capisce che il mare pian piano si allontana e sparisce, come la sua famiglia e i suoi amici, e capisce che le montagne sono tutte in salita e che per raggiungere la sua mandria alle pendici del monte, bisogna camminare e faticare. Ma poi scopre una radura verdissima, gli odori intensi, i colori brillanti e un'aria frizzante che il mare, con i suoi mezzi toni, non gli ha mai dato. Una fame crescente s'impossessa di lui, tutto diventa più intenso, la natura, il desiderio, la risata cristallina delle donne che ogni settimana arrivano per mungere le capre. Donne floride, freschissime, come Rosa che non si vergogna di niente e che l'uomo lo vuole sempre, lo vuole ogni giorno.
Tra le montagne, nell'acqua gelata del lago, Giurlà diventa un uomo. La sua solitudine la supera grazie alle bestie, a Beba, la capretta che lo guarda con occhi umani e amorosi, senza la quale non riesce più a passare le sue notti. Lui la deve avere sempre vicina e lei lo segue mansueta, come una bestia domestica, e lo guarda sdegnosa, come una donna gelosa. Da Beba Giurlà non si separa mai, neanche quando il capo mandriano lo toglie dalla stamberga in cui vive insieme alle capre per farlo stare in una vera casa, neanche quando ormai uomo fatto e finito, deve scegliere, deve avere un po' di ritegno.
Ritegno, un parola antica e dimenticata, che suona nella testa di Giurlà come un sonaglio, che gli fa comprendere la sua posizione di mezzo, tra uomo e animale. Proprio come succedeva nell'antichità, quando gli dei e le ninfe scambiavano la loro natura con gli altri esseri del creato, o come raccontavano i pastori e i pescatori, narrando dei tempi in cui gli animali parlavano e le donne diventavano alberi o sirene.
Nel terzo episodio della serie dedicata alle metamorfosi più o meno compiute, alle trasformazioni degli uomini in animali e piante, o viceversa, il maestro Camilleri ci offre uno spaccato ancora più intenso e selvaggio della vita contadina. Un mondo perduto, un sud lontano anni luce, dove la natura domina gli animi e le regole sono quelle dell'onore e non del peccato. Un regno, con le sue caste e i suoi schiavi, in cui a volte, per miracolo, tutto si trasforma e cambia.
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