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Dolce, struggente, amaro al tempo stesso. Come sempre ben scritto, in questi episodi di vita extra Montalbano, Camilleri riesce a dare il meglio di sé e ci offre grandi fette di apprendimento e riflessione della sua immensa torta narrativa. A volte è poesia. Non avremo da lui cose nuove, ma ci resta il piacere di rileggere quelle vecchie, mai vecchie abbastanza.
Forse il più bello della trilogia delle metamorfosi: nonostante gli altri avessero un "qualcosa in più" che non so definire, questo, nella sua semplicità e nella sua incisività mi ha lasciato un segno indelebile. Consigliatissimo!
Un avvio decisamente vivace, con una serie di quadretti che ruotano attorno alla storia di una piccola linea ferroviaria e che sono davvero curiosi (ma per niente improbabili, almeno nei piccoli centri e in altri tempi). E poi un cambio di tono, che si fa cupo progressivamente: preoccupazione, amarezza, breve momento di sollievo che sembra lì apposta per rendere ancora più dura la tragedia che incombe, finale che dona ai protagonisti una meritata ricompensa, pur se scaturita da un dramma altrui. La storia di Nino e Minica non è solo storia della ricerca di una paternità e maternità, ma è anche e soprattutto storia di un profondo amore coniugale, incondizionato, messo alla prova da eventi drammatici dai quali esce ancora più forte.
Recensioni
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Sulla linea a scartamento ridotto delle Ferrovie dello Stato che costeggia il mare a sud di Porto Empedocle passano solo due treni al giorno, quello che va da Vigàta a Castelvetrano e l'altro che fa il percorso inverso. I due treni si incrociano ogni giorno a Sicudiana, ed è lì, stretto tra la campagna e la spiaggia, schiacciato sul binario, che sta il casello di Nino Zarcuto. La casa è piccola, la cucina al piano terra e la camera da letto al piano alto, più un orticello coltivato e il pozzo dell'acqua, ma Minica, la giovane moglie del casellante, la fa brillare come una bomboniera. La vita è semplice in quelle casette di campagna: alzare il passaggio a livello le rare volte che ai treni civili si aggiunge qualche convoglio militare, curare l'orto e gli animali e magari, qualche volta, ci scappa pure una suonata dal barbiere del paese insieme all'amico Totò, uno alla chitarra e l'altro al mandolino, giusto per guadagnare cinque lire.
Ma nel 1942 la vita non è vita in Italia e sulle coste siciliane, c'è la guerra, gli alleati bombardano, il Genio civile fortifica, costruisce bunker per avvistare gli aerei nemici, e soprattutto il gerarca fascista, don Ingargiola, controlla che nessuno offenda l'onore del Duce. Un nuovo ordine promana dalla capitale, un ordine che la Sicilia non conosce, abituati come sono i siciliani a obbedire agli uomini d'onore e non all'onore delle divise. è come se la vita si fosse fermata, si fosse arresa di fronte a troppe cose che non può capire: le bombe, i soldati con l'accento italiano, gli aerei che volano sul mare lasciando scie luminose come i fuochi della festa del santo patrono. La violenza bestiale e la miseria nera, le spie, i "quaquaraquà", non possono entrare nella vita della povera gente come se niente fosse, la sconvolgono piuttosto, la rivoluzionano.
Minica è così, come assente, dopo aver visto con i propri occhi la tragedia. Non vive, si limita a vegetare, addirittura a un certo punto si crede albero e inizia a innaffiarsi i piedi piantati nella terra. Aspetta la metamorfosi, il giorno in cui le spunteranno le radici e inizierà finalmente a dare i suoi frutti. Una trasformazione come quella che raccontavano gli antichi, come quella di Niobe che diventa sasso, o Dafne che assume le sembianze di un cespuglio di alloro, una metamorfosi che Nino segue con pazienza e amore, e che alla fine i suoi frutti li darà veramente.
Una storia commovente, carica di magia e di suggestioni, piena della leggerezza dei sentimenti genuini ma anche di profonde considerazioni legate ad un mondo perduto. Una suggestione che si riverbera nelle parole usate da Camilleri, una lingua antica eppure viva, un dialetto così estraneo eppure così comprensibile, che rimanda suoni, pensieri, colori legati alla casa di ognuno di noi. Il maestro siciliano ci regala una nuova favola in grado di attraversare i confini del tempo, coinvolgendoci in una storia che lascia i panni della vicenda per assurgere al ruolo di parabola universale.
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