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Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2004
Anno edizione: 2012
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Può un siciliano decidere della sua vita ? Può sfidare la sorte e liberarsi dai vincoli di sangue, dai fascinosi tentacoli dell'isola ? Seminerio parrebbe dirci di no, attraverso la storia di Stefano che, infiammato dagli ideali del separatismo, si fa sedurre dalle logiche del potere e si ritrova in poco tempo imbrigliato nella rete di parentele-amicizie del suo paese, trasformandosi - apparentemente senza rendersene conto - in un "uomo d'onore". Il libro è un affresco sulla Sicilia del dopoguerra, sugli ideali troppo presto andati delusi su cui stava nascendo la Repubblica e sulla formazione di quel sistema politico-affaristico che, con la sua rete inestricabile di potere e complicià, ha costituito (e tuttora costituisce) il freno più potente allo sviluppo civile dell'Isola. Nella storia del protagonista si riflette la vicenda del degrado politico e morale della Sicilia (e non solo). Nonostante la distanza temporale che ci separa dall'ambientazione, il libro di Seminerio risulta estremamente attuale, a causa della crisi morale che sta oggi attraversando la politica italiana. "Senza re né regno" unisce il romanzo di ambientazione storica alla vicenda individuale e con un linguaggio originale, fatto di brevi espressioni che portano il lettore "dentro" i personaggi, ci pone davanti ad uno specchio e ci lascia di fronte all'interrogativo: saremo mai capaci di rialzare la testa? [Questa recensione è stata scritta cooperativamente]
Uno stile franto paratattico, apneico. Tutto è trama e la banalità del male trionfa nella descrizione verisimile e appassionante di un uomo impulsivo e brillante e del contorno sociale che lo corrompe e lo perde.
buono il ritmo e il linguaggio, un po' banale il finale... Niente a che vedere con Bufalino o Sciascia, sia chiaro.
Recensioni
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«Mi dovevo convincere che tutti gli uomini a tre categorie appartenevano. C'erano i corruttibili, c'erano i ricattabili e, male che andasse, tutti mortali erano. E io? Appartenevo alla terza categoria, quella dei semplici mortali che era fin troppo semplice spazzare via? E che ci voleva ad ammazzare un uomo? La mia era la seconda categoria. Lo realizzai come in un lampo». Senza re né regno racconta la breve carriera di Stefano detto il Posporo («il fiammifero»), strepitosa e velata di segreta malinconia, nella Sicilia soffocante e soffocata del dopoguerra, e nell'Italia bigotta e iniqua di quegli anni. La carriera di un mafioso. Che è insieme la carriera, per così dire, di un innocente: e qui si insinua tutto il pessimismo di Seminerio, dentro la tradizione del pessimismo letterario siciliano, più vicino alla versione deterministica di Verga, che non allo scetticismo civile e storico di Scascia. Stefano il Posporo è libero di scegliere della sua vita solo per un momento. Giovanissimo, la famiglia lo ha segregato, perché compromesso dalla guerriglia del separatismo siciliano, in un paesino dell'Emilia dove potrebbe acquattarsi nel torpore del conformismo provinciale: un buon matrimonio, il posto, i pomeriggi nei salotti per bene, le domeniche sul corso, gli amori clandestini e gli altri vizi privati. Ma Stefano è capace, è bello, ha una distinta superiorità ed un suo anticonformismo. E soprattutto è per nascita e per sorte un siciliano. Quando incontra l'uomo del destino, nelle vesti di un confinato, che lo riconosce, la ragnatela del destino ambientale che aspetta quelli come lui, si dispiega. Lo irretisce. Lo seduce, in un vortice di affari e intrighi sempre più vertiginosi, paracriminali, ma che per lui hanno il sapore dolcissimo del narcisismo. Un delirio di dominio totale dell'esistenza, così incarnato nel piacere sensuale, che su di esso nulla in realtà può fare giustizia se non la follia e la morte, sua e di tutti quelli che gli stanno intorno. Questo di Seminerio, al suo esordio, è un romanzo originale e coraggioso, che avvince nei risvolti dell'intrigo e appassiona nell'umanità del pergonaggio. Una vicenda individuale, circoscritta in un tempo breve, ma trascina il lettore nel romanzo corale, nell'affresco generale: e nell'allegoria di una condizione storico-antropologica. E qui l'allegoria è quella di un sistema invincibile, ragionevolissimo da accettare e a cui piegarsi è facile, che solo il ciclo del fato sembra poter sfidare.
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