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scheda di Bardi, M., L'Indice 1993, n. 4
La collana "L'Italia" ripropone, dopo una lunga dimenticanza e un secolare maltrattamento, un interessante dialogo di Aretino in cui, lasciati alle proprie spalle i temi della prostituzione e della vita di corte, l'autore affronta un nuovo argomento adatto al suo sbrigliato estro verbale: il gioco delle carte.
Anche stavolta però, come nei casi precedenti, i protagonisti del dialogo devono portare una testimonianza credibile a sostegno di un'appassionata difesa del gioco: al posto della Nanna del "Ragionamento" (monaca, sposa e infine prostituta) o della balia del "Dialogo" sul ruffianesimo, entrano in scena un mazzo di carte appena miniato e il cartaro che le ha fabbricate, Federigo del Padovano. I principale bersaglio polemico delle carte parlanti è la tradizione che le vuole figlie del diavolo e fonte di dissolutezza per l'uomo di corte. Da qui il richiamo a fonti letterarie illustri (Apuleio, Aristofane, Omero e Luciano) e la rivendicazione di una propria funzione come mezzo di edificazione morale.
Allontanato con sdegno ogni sospetto di attività lucrosa e truffaldina, con un'aperta polemica con le cortigiane "maliarde, ladre, traditore e ribalde", che manipolano il gioco per un personale vantaggio, le carte rivendicano la necessità di una loro diffusione universale: "Il pane e noi concorriamo insieme circa la famigliarità con l'universale, e sì come i dottori, i teologi, i filosofi, i gentiluomini, i cavalieri... mangiano lui così le medesime varietà di genti maneggiano noi. E ne la foggia che la sustanzia del pane su detto nutrisce le turbe che diciamo, resta in noi la volontà delle persone che ci adoprano: onde siamo or larghe, or misere, or piacevoli, or furibonde, or taciturne, or cicale, or facete". Attraverso novelle, polemiche letterarie, caricature e satira di costume, il dialogo delle carte si dipana divertente e vario, rivelandosi come una prova e un elogio delle potenzialità del libero gioco della scrittura: "Non ragioniamo a la carlona e il nostro uscire dal solco è la luna a cui abbaiano i cani pedanti".
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