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Premetto di aver apprezzato molto in passato Turtledove per il ciclo della Legione di Videssos e quello dell'Invasione (più Colonizzazione, ma non tutto). A maggior ragione per me questo romanzo è stato deludente e non posso che concordare con il giudizio di Maurizio. Per circa 300 pagine l'autore non fa che ripetere quei 4-5 concetti (appunto, Varo tonto e contento ecc.): non so quante volte sia stato scritto che i Germani usavano il burro e non l'olio, o che i Romani preferivano il vino ma si accontentavano della birra... Poichè la stessa ripetizione di concetti c'era stata anche nell'ultimo libro della serie della Colonizzazione, non all'altezza dei precedenti, d'ora in poi ci penserò due volte prima di comprare un altro libro di Turtledove.
Concordo sostanzialmente con le due recensioni precedenti. Un appunto: e' Cervo (non Manfredi, per altro reduce da un altro deludente lavoro sulle Idi di marzo) ad aver dedicato un modesto romanzo breve alla disfatta di Varo (anche se, effettivamente, come romanzo d'azione è superiore al presente). La questione di fondo rimane quella se uno cerca storia romanzata intesa come rievocazione fedele e tecnicamente corretta (e sicuramente Iggulden, Scarrow e soci sono superiori) o un romanzo di ispirazione storica (cui forse appartiene questo lavoro). Di certo il titolo corretto potrebbe essere "Come si arrivò al disastro di Teutoburgo" perche' della battaglia in se ci sono assai poche tracce. Da Turtledove ci si aspettava una versione "cartacea" ma vivida come un film delle scene già viste ne L'ultimo dei Mohicani
Se un libro ha come titolo "Ricette italiane" vi aspettate che almeno per buon parte parli dell'argomento. Non che tre quarti del libro descrivano la vita dei contadini, la semina del grano, la raccolta dei pomodori, le proprietà dell'aglio e solo verso la fine si descriva "en passant" come si preparano gli spaghetti con il pomodoro. In questa "rievocazione" di una delle più gravi sconfitte subite dai romani alla battaglia in sè saranno dedicate si e no un decimo delle pagine. Per centinaia di pagine ci si trascina tra germani infidi e traditori, Varo tonto e contento, Cassandre inascoltate, scene di ordinaria amministrazione e pettegolezzi vari. Certo, non è un libro di storia e uno non si aspetta dettagliate e pedanti ricostruzioni di armi, uniformi e schieramenti. Ma proprio perchè si tratta di un romanzo, dovremmo avere una storia scopiettante (sarebbe pur sempre un libro "di guerra") di scontri all'ultimo sangue, sacrificio e onore. Invece si trascina per quasi trecento pagine sul tema "Arminio era furbo e viscido, Varo tonto, vile e incapace" e liquida in poche pagine "di niente" l'annientamento di tre legioni. Lasciando la ventina di pagine finali agli inutili lamenti e recriminazioni del vecchio Augusto. Risparmiate i vostri soldi e lasciate perdere. Se cercate un romanzo sulla disfatta di Varo leggetevi l'ultimo Manfredi. Se cercate buoni romanzi sulle legioni leggetevi Simon Scarrow.
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