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Il secondo libro è un sorprendente racconto autobiografico, la testimonianza comica, struggente e appassionata di un’esperienza totale, come nella migliore tradizione del Novecento.
Roma, metà anni Novanta: uno scrittore sui trent’anni vive un personalissimo esilio volontario per provare a scrivere il suo secondo romanzo, già contrattualizzato da un’importante casa editrice. Ma dopo quasi un anno, nei vari file aperti sul suo computer (che ha chiamato con parolacce e bestemmie), non compare nemmeno una parola.
Il giovane scrittore passa il tempo a sfuggire lo sguardo della sua dirimpettaia; ritaglia quotidianamente articoli di giornali e li separa per argomenti, convinto com’è che gli serviranno per scrivere il prossimo libro; segue morbosamente le vicende dei vari maniaci seriali (Jack Taglierino, Rocky Mannaia, Nick Martello, Bill Punteruolo); non si perde una puntata di trasmissioni come Chiedi al sindaco e Amministratori e cittadini e chiama in diretta per segnalare problemi della città e disagi personali; trascorre interi pomeriggi a sterminare con l’insetticida gli acari che hanno invaso il suo appartamento e gli provocano irritazione alla zona perineale; registra segretamente tutte le conversazioni telefoniche con i suoi colleghi scrittori; litiga con la sua fidanzata doppiatrice che lo accusa di essere «rabbioso» e di pensare solo ai serial killer e alle buche killer; esce soltanto per fare visita al suo amico Giovanni e maltrattarlo sadicamente e per andare in una chiesetta di Trastevere, alla messa vespertina delle sei e mezza, dove prega il Signore che lo faccia riprendere a scrivere.
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