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Uno strano paese è allo stesso tempo un racconto imbevuto di magia, un romanzo d'avventura, una meditazione e un invito all'immaginazione e al sogno. Ispirato ampiamente all'estetica asiatica, è un libro in cui si mischiano umorismo e considerazioni metafisiche, elementi che suscitano meraviglia e temi contemporanei. Una riflessione sugli eterni tormenti delle civiltà, sulla vita dei morti e sul potere della poesia e dell'opera di finzione.
«Dall'autrice del best seller internazionale "L'Eleganza del riccio", una nuova, grande avventura narrativa» - Style Magazine - Corriere
In una notte di neve, un affabile tipo dai capelli rossi di nome Petrus sembra spuntare dal nulla nella cantina del castillo dell'Estremadura in cui Alejandro de Yepes e Jesús Rocamora, giovani ufficiali dell'esercito regolare spagnolo, hanno fatto accampare le loro truppe. È il sesto anno della più grande guerra mai combattuta dagli uomini, e l'inizio di un'avventura straordinaria che vede i due spagnoli lasciare il proprio posto e attraversare un ponte invisibile. Il fatto è che Petrus è un elfo. Viene dal mondo segreto delle brume dove è già riunita una compagnia di uomini, donne ed elfi sulle cui spalle poggia il destino della guerra. Alejandro e Jesús scopriranno la terra del loro nuovo amico, terra d'armonia naturale, di bellezza e di poesia, anch'essa costretta a confrontarsi con i flagelli del conflitto e del declino, e là frequenteranno esseri insoliti, renderanno omaggio a strani rituali di tè e di calligrafia, incontreranno l'amore e in compagnia di Petrus, elfo iconoclasta e bevitore, parteciperanno all'ultima battaglia in cui si delinea l'identità del mondo a venire.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Arenata a pag. 103,senza possibilità e speranza di disincagliarmi. Lasciamo per favore gli elfi a Tolkien!!
« Ogni grande racconto è la storia di un uomo o di una donna che lasciano la desolazione del sé per abbracciare la vertigine dell’altro. Per questo viaggio servono il canto dei morti, la misericordia della poesia e la conoscenza dei quattro Libri. Questa è la storia di coloro che in mezzo alla guerra conobbero la pace dell’incontro.” Nel 1938 Alejandro de Yepes, ufficiale spagnolo stremato da una guerra che dura ormai sei anni, ritorna con le sue truppe in Estremadura, nel castello che gli appartiene, accompagnato dal fedele amico Jesús Rocamora. Nella sterminata cantina, però, tra fantasmi che ritornano e iscrizioni profetiche, trovano tre misteriosi uomini dalle orecchie a punta che bevono con insolita dedizione. Sono elfi. E hanno attraversato il ponte sulle brume per portarli nel loro regno a combattere contro il nemico comune che sta gettando nel caos entrambi i mondi. Da qui inizia un’ avventura a volte lenta, a volte ritorta, che conduce il lettore in un mondo rarefatto e sfuggente incredibilmente simile, per estetica e filosofia, all’ antico Giappone.
In un castillo in Estremadura il generale Alejandro Yepes e il giovane comandante Jesus Rocamole stanno per sferrare l’ultimo attacco della guerra dei 6 anni (iniziata nel 1932) quando dalle cantine spuntano Petrus, Paulus e Marcus (due apostoli e un evangelista?) seguiti da Maria (di Nazareth?). Poi compaiono anche altri personaggi, Tagore e Solone e perfino di epoca romana, Quartus e Hostus. Sono elfi che prenderanno in mano le redini del romanzo per 323 pagine più cronologia. Sparsi nel testo, brevi pagine ermetiche con ideogrammi giapponesi (sincretismo est-ovest?). Negli anni ’50 comparve la trilogia del Signore degli Anelli, seguita da tre folgoranti film di Peter Jackson, i cui protagonisti sono scolpiti della nostra memoria (e.g., Aragorn, Gandalf, ma anche Frodo, Boromir, Bilbo). Poi venne l’esplosione della saga di Harry Potter (7 tomi) seguiti da sette (mefitici, non magnifici) film che hanno inquinato il cinema d’autore. Nei secoli, una slavina di racconti con creature magiche (elfi, gnomi, folletti, troll, maghi, fate, streghe etc.) è ricaduta sull’intera umanità, per la gioia dei piccini, meno per noi adulti. Nel 2019 c’era bisogno di un ennesimo racconto su elfi e affini, che nulla aggiunge alla valanga del passato? Una storia senza capo, né coda e neppure corpo. Barbery definisce il suo lavoro “affresco brumoso” (p. 176); in effetti queste brume avvolgono anche i sensi del lettore e lo stordiscono a tal punto che, per emergere da questo mare di nebbie, è costretto a chiamare un radio-taxi con la speranza che un brumista, seduto a cassetta, guidi la diligenza verso la luce. La cronologia finale sugli elfi parte da 4 milioni di anni a. C. Sono terrorizzato: se per raccontare sei anni Barbery ha speso 327 pagine, per descrivere questo periodo potrebbe riversare milioni di pagine sull’umanità. A flagello terrae elfi libera nos, Domine!
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