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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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La quarantena forzata della primavera 2020 spinge a rivisitare temi essenziali: la peste in Boccaccio e la sua scommessa sulla possibilità di rinnovare la società dopo essersi raccontati; o la scoperta verghiana del male non superabile, nel Don Gesualdo; o ancora gli esorcismi per tenere a bada la scomparsa dei più cari, o di presenze comunque significative. Molti sono i “modi per sopravvivere ai morti”, e Teobaldi ne racconta tredici, in questo libretto di cento pagine da poco ristampato insieme a un romanzo successivo diverso, di buon livello. Tredici finte, tredici racconti di straordinario interesse, costruiti con una volontà di catalogazione che usa la riflessione per operare distanze (“la Chicca muore all’improvviso, con una modalità da scegliere tra le tante d’oggi”, p.11) e la narrazione per sfiorare drammi alla fine dei quali si apre la voragine dell’assenza della persona amata (“allora fu tutto un correre, un telefonare a un amico...e poi cominciò la parte peggiore dell’incubo..”, p.12); e infine la finta: la comunicazione con l’aldilà, il tentativo di captare la voce del padre, o altre procedure grazie a cui si ristabilisce un contatto; poi ci sono le finte che consistono di rituali, meno elusive nei confronti dell’accaduto ma che richiedono una concentrazione e una continuità notevoli. Un distacco impossibile, come un gioco difficile da sostenere, ma le cui regole da seguire con estrema precisione e abbandono possano mettere tra parentesi il mondo, renderlo irrilevante perché non si pieghi all’accettazione dell’altrui e della propria finitezza. Su tutte le strategie Teobaldi ragiona, con un’ironia che compensa l’abbandono all’affabulazione, al racconto che riporta voci altrui, alla catena di finzioni che costruisce una società in cerca dell’elusione di un vuoto definitivo. Deliziose le riflessioni metalinguistiche e preziosi gli scorci sul passato di un luogo, Pesaro, e dei suoi abitanti.
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