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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2015
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Questo libro, di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza, l’ho letto solo perché ne parlava il Ghirelli nella sua minuziosa “Storia di Napoli”. Devo confessare che è stata proprio una gradita sorpresa: un romanzo che può essere considerato il capostipite del realismo letterario. Mano a mano che lo leggevo mi figuravo scene dagli indimenticabili film di Visconti, Rossellini e De Sica. Perfetta la capacità dell’autore di trasmettere le inquietudini dei protagonisti attraverso una prosa asciutta che poco concede al frivolo. Predominano i “colori” del bianco e nero e anche la natura si presente spesso ostile. Regna incontrastata la sensazione che la tragedia sia imminente e, comunque, l’atmosfera che si respira fa presagire l’inevitabile sconfitta che la vita riserva ai giovani piccolo borghesi che non si sottomettono alle convenzioni sociali. Mi ha particolarmente emozionata la povera madre di Teodoro che accetta tutte le umiliazioni purché il figlio possa realizzarsi nella vita ma in cuor suo sa che questo rimarrà un desiderio destinato a non verificarsi e finirà col consumarsi nella vana attesa. Bel ritratto, pietoso e commovente!
Il romanzo "Tre operai" e' ricordato come uno dei primi esempi di neorealismo, ma questa definizione non descrive esattamente la natura dell'opera. I personaggi sono giovani di umili origine in cerca di una vita migliore, sono coinvolti in scioperi e rivendicazioni sindacali, ma nell'opera ci sono anche relazioni e desideri frustrati, un senso di fallimento esistenziale che si concentra piu' sull'individuo e sui suoi rapporti piu diretti (amici, amanti, famiglia, etc) che su una visione della situazione operaia, la critica della societa' e conseguentemente l'impegno sociale e politico. Non c'e' populismo, ne' ci sono le macchiete locali o gli stereotipi tipici di Napoli e dei napoletani, al contrario il paesaggio e' oscuro e inquietante. Il linguaggio e' allusivo e simbolico, i dettagli fanno risaltare il lato emotivo della realta'.
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