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Molto forte, incredibilmente vicino - Jonathan Safran Foer - copertina
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Molto forte, incredibilmente vicino - Jonathan Safran Foer - copertina

Descrizione


Oskar, un newyorkese di nove anni, ha perso il padre nell'attacco alle Torri Gemelle. Per non soccombere sotto il peso del dolore si aggrappa alle proprie risorse, cerca conforto nella fantasia e nella curiosità, più che nell'abbraccio di chi gli è rimasto. Un giorno, non troppo per caso, nell'armadio del padre scopre una busta che contiene una chiave. Sul retro della busta c'è una scritta: «Black». Che serratura apre quella chiave? E se Black è un nome, chi è Black? Per scoprirlo Oskar intende bussare alla porta di tutti i Mr e Mrs Black della città: forse uno di loro sa qualcosa, conosce un segreto che può farlo sentire più vicino al padre. E se il viaggio attraverso i cinque distretti di New York non gli riporterà chi se n'è andato per sempre, forse gli recherà altri doni... Una storia che fa sorridere, piangere, ridere e riflettere.
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Dettagli

22
2016
Tascabile
28 gennaio 2016
400 p., ill. , Brossura
9788823514423
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

Ma che…?

E un bollitore per il tè? Con il beccuccio che, all'uscita del vapore, si apre e si chiude come una bocca e sibila belle melodie, o recita Shakespeare, o semplicemente si scompiscia dal ridere con me? Potrei inventare un bollitore che legge con la voce di papà, così riuscirei ad addormentarmi, o magari un intero servizio di bollitori che cantano il ritornello di Yellow Submarine, una canzone dei Beatles, che mi piacciono perché l'entomologia è una delle mie raisons d’être, un'espressione francese che conosco. Sarebbe bello anche allenare il mio ano a parlare mentre tiro le scoregge. A voler essere proprio spiritoso al massimo, potrei insegnargli a dire: « Non sono stato io! » ogni volta che ne sgancio una di quelle incredibilmente toste. E se mai ne sganciassi una di quelle incredibilmente toste nella Sala degli specchi di Versailles, che è vicino a Parigi, che è in Francia, naturalmente il mio ano direbbe: «Ce n'étais pas moi!» E dei piccoli microfoni? Tipo che tutti ne inghiottiamo uno, e loro diffondono i suoni del nostro cuore grazie a piccoli altoparlanti che potremmo tenere nella tasca della salopette? Di sera, andando in strada con lo skateboard, potremmo sentire i battiti di tutti gli altri, e gli altri potrebbero sentire il nostro, come una specie di sonar. La domanda assurda che mi faccio è se i cuori di tutti comincerebbero a battere contemporaneamente, come alle donne che vivono insieme vengono contemporaneamente le mestruazioni, che sono una cosa che conosco, anche se non ci tengo molto a conoscerle. Sarebbe davvero assurdo, a parte che il posto dell'ospedale dove nascono i bambini farebbe tin-tin come un lampadario di cristallo in una casa galleggiante, perché i bambini non avrebbero ancora avuto il tempo di sincronizzare i battiti. E al traguardo della Maratona di New York sembrerebbe di stare in una guerra.
E poi: tante volte succede che uno ha bisogno di scappare via subito, ma gli uomini non hanno le ali, o comunque non ancora. Quindi: inventare una camicia di becchime?
Insomma.
Tre mesi e mezzo fa ho preso la mia prima lezione di jujitsu. La difesa personale era una cosa che mi incuriosiva al massimo per ovvie ragioni, e la mamma pensava che mi avrebbe fatto bene un'altra attività fìsica oltre a suonare il tamburello, perciò tre mesi e mezzo fa ho preso la prima lezione di jujitsu. Al corso eravamo in quattordici, e avevamo tutti dei pigiami bianchi ultrapuliti. Ci siamo esercitati a far l'inchino, poi ci siamo seduti come gli indiani, e dopo il Sensei Mark mi ha detto di avvicinarmi e mi ha ordinato: «Tirami un calcio nelle pallottole». Qui mi sono sentito in imbarazzo e gli ho chiesto: «Excusez-moi?» Lui ha allargato le gambe e mi ha risposto: «Voglio che mi dai un calcio nelle pallottole, più forte che puoi». Si è messo le mani sui fianchi, ha tirato il fiato e ha chiuso gli occhi, così ho capito che parlava sul serio. «Acci » gli ho detto, e dentro di me pensavo: Ma che...? Lui ha insistito: «Su, avanti. Distruggimi le palle». «Devo distruggerti le palle?» Sempre a occhi chiusi, lui si è scompisciato e mi ha detto: «Anche se provi a distruggermi le palle, non ci riuscirai. E quello che si impara qui dentro. Una dimostrazione della capacità che ha un corpo ben allenato di assorbire un colpo diretto. Ora, distruggimi le palle». Gli ho risposto: «Io sono pacifista» e dato che la maggioranza dei bambini della mia età non sa cosa vuoi dire, mi sono voltato e ho spiegato agli altri: «Io credo che non sia giusto distruggere le palle alla gente. Mai». Il Sensei Mark ha detto: «Posso chiederti una cosa? » Io mi sono girato e gli ho risposto: «'Posso chiederti una cosa?' è già chiedermi una cosa». Mi ha chiesto: «Tu sogni di diventare un maestro di jujitsu?» «No» gli ho risposto, anche se non sogno più neanche di prendere in mano la gioielleria di famiglia. Lui mi ha chiesto: «Vuoi sapere come fa un allievo di jujitsu a diventare maestro?» «Voglio sapere tutto» gli ho risposto, anche se non è più vero neanche questo. Allora mi ha spiegato: «Un allievo di jujitsu diventa maestro distruggendo le palle al suo maestro». Gli ho risposto: «Affascinante». Tre mesi e mezzo fa ho preso la mia ultima lezione di jujitsu.
Come vorrei avere qui con me il mio tamburello, perché anche ora che la storia è finita continuo a sentirmi le scarpe pesanti, e qualche volta una bella tamburellata fa bene. La canzone più strepitosa che so suonare con il tamburello è Il volo del calabrone di Nikolaj Rimskij-Korsakov, che è anche la suoneria che ho scaricato per il telefonino che ho comprato quando è morto papà.

Valutazioni e recensioni

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Giada88
Recensioni: 5/5
Intenso, commovente, tenero, imperdibile

Talmente bello che arrivata all'ultima riga avrei voluto proseguisse all'infinito. Toccante, tenero, commovente e allo stesso tempo visionario, originale, innovativo. Un libro straordinario. Non è tanto la vicenda narrata qui ad essere protagonista: pur riconoscendone il merito per originalità, lo sono invece i dialoghi, il passato dei personaggi, le riflessioni. Oskar ha perso il padre nell'attacco dell'11 settembre e, nel vano tentativo di ritrovarlo, cerca di capire da dove provenga e perché fosse in possesso di una chiave chiusa in un barattolo azzurro ritrovato nel suo armadio. Ma quel padre era anche marito e figlio. A soffrire sono anche la nonna di Oskar, sopravvissuta come il marito al bombardamento di Dresda, e la mamma. Nella narrazione si intrecciano dunque tutti i loro vissuti, carichi di rimpianti e allo stesso tempo di momenti felici. Agli orrori cui hanno assistito, si alternano riflessioni profonde riguardanti gli ultimi istanti prima che succedesse la tragedia. Perché come sottolinea Oskar purtroppo non li riconosciamo mai: sembrano piccoli momenti di vita quotidiana e non sappiamo invece che li ricorderemo per sempre. Personalmente ciò che mi ha colpito di più sono state le telefonate fatte prima che crollassero le torri. Sono stata al museo dell'11 settembre. Qui è conservata una quantità davvero incredibile di cimeli, tra cui non solo gli effetti personali salvati dalle macerie, ma anche le registrazioni delle telefonate ritrovate nelle segreterie al ritorno a casa delle famiglie. Ne sono stata profondamente toccata. Avevo 13 anni quando accadde, ma non potrò mai dimenticarlo e aver ascoltato le testimonianze conservate nel museo mi ha colpita e cambiata. Questo libro restituisce tutte le sensazioni che ho provato in quel luogo e mi ha letteralmente riportata indietro nel tempo, alle riflessioni fatte a scuola in quei giorni. Davvero consiglio a tutti di leggerlo: un lavoro così ricco e intenso da divenire imperdibile.

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sarah
Recensioni: 2/5
diverso da come me lo aspettavo

in tanti avranno visto il libro e ne saranno rimasti affascinati. Questo libro però commuove ancora di più.

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Dottor Mesmer
Recensioni: 4/5
New York austeriana

Scorrevole ma emotivamente impegnativo

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La recensione di IBS


“L’unica luce era la televisione.”

Oskar è un bambino newyorkese di nove anni che ama viaggiare con la fantasia. Un piccolo inventore di mondi magici: come il suo progetto di tubazioni collegate ai cuscini di tutti i letti di New York per raccogliere le lacrime di chi piange prima di dormire, riversale nel laghetto di Central Park per mostrare ogni giorno il livello di sofferenza della sua città.

Anche a Oskar capita di piangere sul cuscino: da quando suo padre è morto nell’attacco alle Torri Gemelle. La sua salvezza è dentro di lui: l’immaginazione.

Da qui parte Jonathan Safran Foer, già autore di Ogni cosa è illuminata, per imbastire un romanzo singolare: più che letto, va vissuto. Immergersi in queste pagine, infatti, è un’esperienza emozionale che capita raramente nel nostro mondo di carta: è l’esplosione di un autore pirotecnico, dirompente, capace di commuovere e di far sorridere. Perché tutto ciò che (de)scrive Foer è Molto forte, incredibilmente vicino: è un catapultarsi in una realtà che, troppo spesso, abbiamo vissuto da spettatori senza renderci conto che la guerra è ogni giorno: invisibile, ma altrettanto letale. Dalle ceneri della devastazione Foer è capace di renderci i fiori del bello, dell’umano, in un rinascimento di carta che – pagina dopo pagina- ci riconcilia con l’esistenza. Quella più vera, quella che sprechiamo nell’attesa di un tram o di un desiderio.

Ciò che più conta, però, è che Foer ci dimostra come “l’immaginazione è lo strumento della compassione”. Un concetto che si respira in tutto il romanzo e che si disvela nelle ultime, geniali, pagine del libro.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Jonathan Safran Foer

1977, Washington

Nato a Washington, Jonathan Safran Foer è un narratore statunitense. Nel 1999 si è recato in Ucraina per condurre ricerche sulla vita del nonno ebreo. Da quel viaggio è nato Ogni cosa è illuminata (2002), romanzo rappresentativo, tra humour e disincanto, del muto dolore di tante storie di emigrazione, vincitore del National Jewish Book Award e del Guardian First Book Award. Un altro dramma sommesso della memoria è Molto forte, incredibilmente vicino (2005), divagazione di un ragazzo alle prese, tra foto di famiglia e altre reliquie, col ricordo del padre, vittima dell’attacco alle Torri Gemelle. Nel saggio Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? (2009) ha raccontato le motivazioni della propria scelta vegetariana. Da entrambi i romanzi...

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