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Una "figlia scontenta, scontrosa e ribelle della Federazione Cgil-Cisl-Uil": così, alcuni anni fa, il giornalista Giorgio Lauzi definì la Flm (Federazione lavoratori metalmeccanici), costituita a Genova nel 1972 durante la IV conferenza unitaria della categoria e scioltasi nel 1984, dopo l'accordo separato di San Valentino e il decreto Craxi sulla scala mobile.
Alla Flm, alle vicende organizzative e rivendicative, alle strategie politiche, alla cultura sindacale, è dedicato il volume di De Amicis. L'esperienza della Flm, come sottolinea Stefano Musso nella prefazione, ha rappresentato "il momento più alto di unità nella storia del movimento sindacale in Italia", una realtà "speciale" e "senza precedenti" a cui la storiografia non aveva ancora riservato un'analisi approfondita. In questo senso il libro di De Amicis, realizzato attraverso un'indagine accurata e un uso accorto di molteplici fonti d'archivio, materiali a stampa e dati organizzativi, colma certamente una lacuna, contribuendo ad allargare la conoscenza di quei "lunghi anni '70" sui quali negli ultimi tempi si sta concentrando sempre più l'attenzione degli studiosi.
La periodizzazione proposta dall'autore risulta molto convincente. Allo straordinario ciclo conflittuale operaio del 1968-73, nel quale prese forma e sostanza il "sindacato dei Consigli" (di cui la Flm è stata l'interprete più genuina), seguì un biennio di stabilizzazione organizzativa, in cui però non mancarono i primi segnali di difficoltà (la mancata diffusione dei Consigli di zona, gli ostacoli confederali, il rapido esaurirsi del movimento per l'autoriduzione). Nella seconda metà del decennio l'intreccio perverso tra crisi economica e terrorismo (a cui l'autore dedica un documentato capitolo) portò il sindacato su posizioni difensive, spinto anche dalle sollecitazioni della "solidarietà nazionale", con la Flm costretta a un'opposizione sempre più sterile. Infine, la cesura dei "35 giorni" alla Fiat spianò la strada a un mutamento radicale dei rapporti di forza, che terminò con il drastico ridimensionamento del potere contrattuale dei lavoratori e del sindacato, la fine della Federazione unitaria e la "morte per consunzione" della stessa Flm.
Il capitolo finale esamina il valore dirompente di una nuova cultura sindacale, che per circa un decennio sfidò le tradizionali componenti egemoni nel sindacato, costringendole a rinnovarsi profondamente: una cultura basata su un'ampia autonomia dalle controparti e dai partiti, portatrice di un proprio progetto politico di trasformazione della fabbrica taylorista e della società fordista, artefice di una democrazia partecipativa fondata sul protagonismo dei lavoratori. Il "sindacato del controllo operaio" fu un soggetto conflittuale che attirò molti giovani e non iscritti, fece da sponda all'estesa galassia dei movimenti e mostrò un forte, e per certi versi inedito, impegno internazionalista; azzardando altresì la carta dell'unità in un mondo, come quello sindacale, dove, nel lungo periodo, complici da una parte le pressioni di partiti e governi, e dall'altra gli squilibri sociali e le incertezze economiche, il pluralismo organizzativo non ha favorito una costante e benefica contaminazione culturale.
Fabrizio Loreto
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