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Questa ricerca, "interamente basata su materiale svedese e sui documenti inediti conservati nell'archivio dell'Accademia di Svezia", offre un'occasione per gettare lo sguardo dietro le quinte del Nobel. L'autore esamina la personalità e il famoso testamento del fondatore, quindi i rapporti istituzionali del premio con l'Accademia svedese, studiando poi le candidature italiane per la letteratura e le procedure dei riconoscimenti effettivamente attribuiti: da Carducci a Deledda, da Pirandello a Quasimodo. I premi successivi a Montale e Fo sono presentati in forma sintetica proprio perché la pubblicazione degli atti ufficiali e dei verbali si arresta, per il momento, al 1950. L'autore, tuttavia, non rinuncia a esprimere le proprie riserve nei confronti della candidatura di Fo come attore e uomo di teatro, quasi che la commissione svedese "abbia voluto dare all'Italia il ruolo, che, a suo giudizio, le compete, non già quello della patria di maestri del pensiero, della poesia e della prosa ma quello invece della terra natale di bravi e geniali attori, di uomini di palcoscenico e di spettacolo, la terra di Totò". È precisamente questo tono aggressivo a rendere affascinante il saggio, nella misura in cui la sua difesa dell'Italia e della letteratura, di fronte a quella che l'autore definisce l'incompetenza e la frequente errata valutazione degli esperti svedesi, è un'appassionata polemica in nome della cultura. Perciò le pagine più riuscite del libro sono quelle sul mancato riconoscimento a Benedetto Croce e su analoghi episodi di "grossolanità e ingiustizia", ma anche quelle che illustrano il peso delle considerazioni politiche e delle pressioni diplomatiche nell'assegnazione del premio. Tanto che, pur nel suo eccesso spesso nazionalistico, lo studio diventa una fedele testimonianza del suo titolo: storia "critica" del premio Nobel. Rinaldo Rinaldi
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