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Più recentemente, leggendo Sotto la sabbia dorata, il bel libro di Daniele Astolfi che parla dell’esperienza di prigionia di Antonio Astolfi, era sorto il nome di Zonderwater, che non mi era nuovo, e infatti era il lager in cui è stato a lungo recluso mio padre. Da lì, facendo una ricerca su Internet, era emerso un saggio storico (appunto I diavoli di Zonderwater) su questo campo di concentramento dove erano anche detenuti Antonio Astolfi e tanti altri (complessivamente circa centomila) E’ stata immediata la necessità di leggere anche quest’opera, scritta da un giornalista della Gazzetta dello Sport e premiata con il Bancarella Sport 2010. Ebbene, mi dispiace ancor di più che mio padre, mancato nel luglio del 2011, non abbia potuto rivivere, grazie a quelle pagine, gli anni che avrebbero dovuto essere i più belli e che invece furono un periodo di dolore per la guerra e di disperata nostalgia per la casa lontana. Mano a mano che procedevo nella lettura emergevano fatti e anche nomi che non mi erano nuovi e allora con la fantasia ho immaginato tutta quella gente, compreso mio padre, in questa prigione a cielo aperto, dove, grazie alla nomina come comandante del colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, il paesaggio lunare del lager, costellato di tende, si trasformò radicalmente, così che in forza della naturale operosità di noi italiani furono costruiti edifici in muratura per ospitare i prigionieri, due ospedali, quindici scuole, ventidue teatri, insomma una vera e propria città. Ma oltre al fare, all’edificare, essenziale per evitare depressioni e abbrutimenti, ci furono le iniziative teatrali, sportive, come tornei di calcio, di pallavolo, di basket, incontri di pugilato, gare di atletica leggera, e ovviamente queste attività hanno trovato il loro naturale storico in Carlo Annese, giornalista della Gazzetta dello Sport. E’ un buon libro che difetta di un approfondimento psicologico dei personaggi.
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