L'evoluzione creatrice è senz'altro il libro più celebre di Henri Bergson, che gli valse, nel 1928, il premo Nobel per la letteratura (fra i pochi filosofi, assieme a Sartre, a ricevere il premio dell'Accademia reale svedese). La diffusione in Italia del pensiero del filosofo francese, fin dall'uscita del suo celebre libro, nel 1907, è stata ampia e ha largamente influenzato la cultura italiana di inizio Novecento (dai futuristi, a Pirandello, a Ungaretti, per citare i più famosi). Ciò nonostante, le vicende delle traduzioni italiane del capolavoro bergsoniano sono piuttosto travagliate e fino a pochi anni fa mancava un'edizione completa: ne erano state pubblicate tante nel corso degli anni, da quella di Umberto Segre del 1925, per Athena di Milano, con il commento di Santino Caramella, a quella di Paolo Serini del 1925, ripubblicata poi da Mondadori nel 1935, e più volte riproposta in diverse edizioni scolastiche o antologiche, tra cui Utet, alla versione di Luigi Ferrarino per Laterza del 1949 (poi del 1957 con la cura di Vittorio Mathieu), alle numerose versioni scolastiche, come quelle curate da Oddino Montiani per Signorelli di Milano, del 1959, e da Giancarlo Penati per La Scuola di Brescia, del 1961. Nessuna di queste è un'edizione integrale, alcune sono piene di errori, anche gravi, molte sono riduzioni scolastiche e antologiche. Nel 1966, la "Collana Premi Nobel per la letteratura" dei Fratelli Fabbri di Milano, pubblicò la traduzione di Leonella Alano Podini, senza che, inspiegabilmente, ci fosse l'introduzione di Bergson che fu invece "sostituita" da un'introduzione di Kjell Strömberg sul conferimento del premio Nobel a Bergson, dal discorso ufficiale di Per Hallström e da una premessa sulla vita e l'opera del filosofo di Jean Guitton. Quando, nella seconda metà degli anni ottanta e nei primi anni novanta, ci fu anche in Italia una Bergson renaissance, dopo quella francese avviata da Gilles Deleuze con il suo celebre saggio del 1966 Il bergsonismo e proseguita nei suoi due testi sul cinema degli anni ottanta con la riattualizzazione dei concetti di "immagine tempo" e di "immagine movimento", non esisteva un'edizione completa e ben fatta in italiano. Solo nel 2002 Cortina pubblicava una traduzione completa di Fabio Polidori dell'opera del filosofo francese. A dieci anni di distanza, Marinella Acerra propone una nuova versione di L'evoluzione creatrice, in edizione economica "Bur", che, oltre a permettere a un pubblico più vasto di lettori, studenti, studiosi e cultori di accedere all'opera a un prezzo contenuto, ne garantisce anche una migliore comprensione grazie all'essenziale Introduzione alla filosofia di Bergson e, soprattutto, all'utile Guida alla lettura che chiude il volume. Bisogna ricordare l'intuizione avuta dalla curatrice già nel 1990 dell'importanza di proporre in Italia alcuni testi bergsoniani: per Editori Riuniti curò la prima edizione italiana della raccolta di saggi del 1919, L'energia spirituale, con il titolo, forse più accattivante per il lettore degli anni novanta, Il cervello e il pensiero e altri saggi. Oggi, l'edizione del capolavoro bergsoniano permette un'analisi e un approfondimento ulteriori grazie all'edizione critica, tenuta presente dalla curatrice, uscita in francese nel 2009 (Frédéric Worms, in un lavoro infaticabile di diffusione del pensiero di Bergson, ha promosso l'edizione critica per la Puf di Parigi degli scritti filosofici: L'Évolution créatrice è curata da Arnaud François). In quest'opera è ripresa e sviluppata l'idea centrale del pensiero di Bergson (quella attorno alla quale ruota tutta la sua filosofia): l'idea di durée. La durata reale e vissuta era stata proposta già nel 1889, nel Saggio sui dati immediati della coscienza, come espressione della molteplicità qualitativa, del movimento-mutamento continui della vita psichica e mentale di ciascun individuo; la durata che rende il perpetuo fluire interiore è connessa al tema del ricordo in Materia e memoria del 1896, è interpretata come strumento comico nel saggio del 1900 su Il riso ed è riletta come "stoffa stessa della realtà", come essenza dell'evoluzione di tutta la vita universale in L'evoluzione creatrice. Bisogna aggiungere che nelle opere seguenti (Durata e simultaneità del 1922, sulla teoria della relatività di Einstein e le raccolte di saggi) l'idea di durata fu indicata come la caratteristica di tutta la realtà fisica e materiale e non solo di quella psicologica o vivente. Qui però Bergson propone e approfondisce numerosi concetti nuovi: alcuni molto fortunati e celebri, come quello di élan vital, di forza originaria, di energia "primordiale" che ha dato vita a tutte le forme evolutive, che si ripropone continuamente e costantemente nelle azioni, nei pensieri degli esseri viventi e nelle diverse manifestazioni dell'esistenza; altri meno famosi, ma non per questo meno importanti, come l'idea che il nulla è un concetto più complesso (e quindi posteriore) di quelli di essere e di esistenza, poiché richiede prima la presenza di qualcosa e poi, intellettualmente, il lavoro di "sottrazione" concettuale fino al concetto di "nulla". Particolarmente significativa è stata la lettura del pensiero umano con gli strumenti della neonata settima arte: il "movimento cinematografico del pensiero" che frammenta, scompone, "taglia" e separa intellettualmente la realtà la quale è invece durata, flusso, movimento-mutamento e trasformazione incessanti senza soluzione di continuità suddividendola in istanti, punti, parti scomposte, elementi separati (fotogrammi) e che successivamente ricostruisce, grazie all'aggiunta del movimento della "macchina da proiezione-pensiero". Bergson, nel suo tentativo di superare ogni dualismo, sia da un punto di vista metodologico/epistemologico, sia da un punto di vista ontologico/teologico, mostra come nell'evoluzione il bios, la vita, conduca a una concezione dell'evoluzione che, dall'originario slancio vitale, dallo "zampillio primordiale di energia", attraverso vari tentativi, riprese e "retromarce", è giunto a tutte le forme viventi, in un processo di creazione continua e incessante: la creazione è quindi quella di un dio che si identifica con la vita stessa e non risulta essere esterno e trascendere la realtà naturale. La creazione è qualcosa di continuo ("creazione continua di imprevedibile novità") e realizzata in infinite forme da ogni creatura con le proprie azioni libere, con le decisioni prese in ogni istante e con il protrarsi stesso della vita in tutte le sue manifestazioni. Per comprendere una simile visione del mondo, si deve accettare che, accanto alle facoltà intellettuali dell'intelligenza, vi sia anche l'intuizione la prosecuzione intellettuale (o spirituale), nell'evoluzione, degli istinti che permette di cogliere in maniera globale e unitaria la realtà fenomenica. È utile sottolineare che, sebbene sia una metafisica, la concezione bergsoniana non si pone mai (né qui né, in seguito, quando si confronterà con la relatività di Einstein o il principio di indeterminazione di Heisenberg) in termini anti-scientifici e fa bene la curatrice a sottolinearlo nella sua introduzione quando ricorda che l'"intenzione polemica nei confronti del darwinismo (Darwin stesso, ma soprattutto Spencer) è evidente: ma va anche attentamente interpretata. Bergson non intende certo regredire alla tesi della fissità delle specie: la sua visione del vivente è fortemente dinamica (anzi, il punto è proprio forzare i limiti del dinamismo biologico evoluzionista). Quindi 'evoluzione': il fatto dell'evoluzione è pienamente, programmaticamente riconosciuto. Ma la scommessa di Bergson è proprio quella di coniugare l'evoluzionismo con una riformulazione dei concetti di finalismo e di creazione di novità nell'ambito del vivente: 'evoluzione creatrice'". L'evoluzione creatrice di Bergson, quindi, riletta in maniera critica a centocinque anni dalla pubblicazione originale, propone ancora interessanti stimoli e piacevoli sorprese interpretative, oggi come in passato, per intellettuali, letterati, artisti e filosofi (particolarmente fecondo è stato l'incontro con l'americano William James, mostrato da Marinella Acerra in modo efficace e sintetico). Le dense quanto chiare pagine della Guida alla lettura rendono il capolavoro di Bergson accessibile anche da chi non ha una conoscenza accurata della filosofia dell'autore e permettono allo studente (non solo universitario, ma anche liceale) di integrare il proprio studio con la lettura guidata in modo efficace e comprensibile di un classico, senza bisogno di frammentarie e approssimative edizioni scolastiche. Paolo Taroni
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