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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2011
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Sono deluso. Mi aspettavo qualcosa di più coinvolgente, che rispecchiasse la vera identità di Mentana. Mi aspettavo dal miglior giornalista italiano, una lettura trascinante che rievocasse fatti personali e non, con brillantezza e non con lentezza. Ci sono degli spunti interessanti, ma non è il Mentana che siamo abituati a vedere sullo schermo, che ascolteresti per ore anche con un discorso sui quadrifogli mozzati. Sicuramente rivoglio il suo superbo eloquio e la sua eleganza in tv, ma si sa quelli che lavorano sono sempre meno bravi di quelli emarginati.
Più di duemila caratteri a mia disposizione per in viare volentierissimo un mio commento alla prima fatica letteraria del collega Mentana (collega ma con fortune diverse^ giunta il librerua al momento giusto,sfornata al punto giusto di cottura "media tica" da gustare,centellinando i sapori in questo della cronaca,come una accattivante,succulenta e aggiungiamo anche se impropriamente,"pizza guattro stagioni"... Dò un voto ad alto livello,perchè è un libro che si legge tutto di un fiato e si gusta veramente compresa la "ciliegina" sulla torta rappresentata dalla lettera al presidente Mediaset Confalonieri qualche setimana fa agli onori della cronaca. Se poi,in fin della fiera,tutto è finito con la separazione consensuale,come dire a tarallucci e vino,questo è un altro discorso..... Gli augurissimi a Mentana sono di rigore! M.C.
Recensioni
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«La passionaccia è una febbre che mi colpì da ragazzo e non mi ha più lasciato. è l'amore per un mestiere totale, che ti assorbe interamente, che ti regala insieme adrenalina e saggezza. Opinabile ma fondato sull'obiettività.» Enrico Mentana, dopo 13 anni di Tg5 e 5 di Matrix, ha preso carta e penna per raccontarci la sua passione per il giornalismo, una sfida quotidiana che lo ha visto emergere come uno dei migliori conduttori televisivi del Paese.
Il libro si apre con la lettera dell'autore al presidente di Mediaset, scritta all'indomani della vittoria elettorale del Pdl nell'aprile 2008, nella quale annuncia la propria volontà di lasciare l'azienda che fa capo al Presidente del Consiglio, perché scrive Mentana - «sembra un comitato elettorale, dove tutti ormai la pensano allo stesso modo, e del resto sono stati messi al loro posto proprio per questo». Da questa esperienza recente il libro va a ritroso fino al 1980, quando il ventiquattrenne Mentana iniziò la carriera dal Tg1, in Rai, poi al Tg2, dove divenne vicedirettore e dal quale fu congedato nel 1990 per gli stessi motivi per i quali era, per sua stessa ammissione, entrato: la lottizzazione della tv pubblica da parte dei partiti politici.
Nel 1992, su Canale 5, inizia l'avventura del Tg5 lanciato da Fininvest per fare concorenza sulle news al Tg2 delle 13 e al Tg1 delle 20. Mentana ha 37 anni e da neodirettore lancia le sue parole d'ordine: più cronaca e poca politica, "parla come mangi" per i redattori, raccontare storie della gente normale come nei giornali di provincia. La formula funzionò. Di lì a un mese Tangentopoli avrebbe travolto il sistema dei partiti della Prima Repubblica e Montanelli avrebbe lasciato il suo Giornale in rotta col Cavaliere. Mentana ripercorre eventi clou della storia italiana e scandisce le tappe più significative della sua carriera. Racconta, emozionato, che quando gli arrivò in busta sigillata l'orecchio tagliato del signor Soffiantini dopo 205 giorni di sequestro, si trovò coinvolto in una questione di vita o di morte. Ricorda l'errore di appoggiare a spada tratta, e senza ulteriori verifiche, la terapia oncologica alternativa del professor Luigi Di Bella. O le dirette dalla Serbia sotto le bombe della Nato (e dell'Italia) nel 1999. Recupera un'altra lettera, del 2003, scritta sui quotidiani nazionali all'allora premier Berlusconi, per chiedergli di evitare la partecipazione italiana alla guerra in Iraq.
Sono pagine che trasudano passione e speranza: trasmettono una fiducia nella forza delle notizie più che delle opinioni, nella crudezza dei fatti più che dei commenti, e sono animate da una forte ambizione di continuare a raccontare il mondo che ci circonda per quello che è realmente, e non per quello che vorremmo che fosse.
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