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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2009
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L'agghiacciante resoconto di quanti soldi pubblici si gettino nel cesso per convenienza di questo o quel partito. Sprechi oceanici per raccattare voti di questa categoria piuttosto che di un'altra. L'analisi della sconveniente ingerenza dello stato in ogni attività, in ogni affare, ogni emergenza e ogni servizio che dovrebbe favorire la collettività e invece ingrassa pochi luridi e insaziabili maiali. Un paese destinato al fallimento economico per espressa volontà. Un paese moralmente e socialmente già fallito e defunto. Che ora comincia a infestare i monti, le piane e le valli con i miasmi della propria putrescenza.
Recensioni
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La Casta, La deriva e adesso i Rapaci. Emancipatosi dalla fitta collaborazione con Gian Antonio Stella, Sergio Rizzo ci offre un nuovo saggio sull'Italia che non va e sui rischi che incombono sull'economia malata del nostro Paese. Proseguendo una sorta di via crucis dei mali italiani, già denunciati nei primi due saggi e qui ripresi con una nuova chiave di lettura, l'inviato del Corriere della Sera focalizza l'attenzione su un tema di stretta attualità: di fronte alla crisi economica che stiamo attraversando, l'Italia come altre economie dei Paesi avanzati vede il fiorire della «primavera dei nuovi boiardi» di Stato. Ma, mentre Regno Unito, Germania, Francia e Stati Uniti hanno assistito nell'ultimo anno e mezzo alla nazionalizzazione di banche, imprese e istituti di credito di grandi dimensioni, in Italia ciò non è avvenuto per due motivi: la crisi non ci ha travolti come è avvenuto da loro e la presenza della «manomorta pubblica» è già pervasiva nella nostra società.
I Rapaci, come li chiama Rizzo, sono gli onorevoli e i manager pubblici che fanno società per tutto, anche per dare consulenze senza gara, gli ex governatori di enti che si riciclano con stipendi dorati in una vergognosa moltiplicazione delle poltrone e degli incarichi. Sono i dirigenti che hanno condotto Alitalia allo sfascio già dal 2001, che vendono le aziende senza perdere mai i posti di comando: dai telefoni (Telecom) alle automobili (Alfa Romeo), dalle ferrovie alle autostrade i nuovi cerchiobottisti riescono sempre a stare a galla, negando la vera concorrenza e sottraendosi alle regole del mercato. L'autore ci guida in queste cronache da basso regime, tra vizi privati e scandali pubblici che si sono abbattuti un po' su tutto il settore pubblico: Poste, Enel, Rai Tv, Agenzia Italia, Tirrenia, fondazioni, società e imprese comunali, finanziarie regionali. Non mancano l'ente inutile del Parco della tal Provincia, la squadra di pallanuoto, basket o pallavolo sponsorizzata dal tal Comune, è tutta una fabbrica di assunzioni pilotate, di «trombati e generali» della politica, è una festa di notai, avvocati e consulenti che costituiscono questo enorme «stipendificio made in Italy». Nuovi sprechi e un nuovo statalismo clientelare avverte Rizzo sono all'opera nel Paese: l'azionista, spesso e volentieri, è il partito politico, e il conto alla fine lo paghiamo noi utenti, cittadini onesti e lettori sempre più scandalizzati.
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