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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2007
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Il vizio e lo storico malcostume di un Paese che si è ormai assuefatto al sistema della "raccomandazione" e che considera un merito ed una capacità di cui fregiarsi quello di "farsi strada" anche senza meritarlo. E' l'argomento di questo libro piacevole e niente affatto banale, corredato da numerosi dati e statistiche e che appare condurre, pian piano ed inaspettatamente, all'amara conclusione che, nella realtà di ogni giorno, tutto è demandato alla singola persona ed al senso di responsabilità di ognuno. L'Italia può ripartire solo se "inverte la scala di valori: quando [per esempio] i professori saranno orgogliosi di premiare un meritevole e si vergogneranno di raccomandare un inetto".
Fatta salva la sana indignazione che i fatti elencati comunque provocano nel lettore, non c'è traccia di approfondimento: gli esempi si susseguono uno dopo l'altro senza quasi un ordine, corredati di tanto in tanto da (inutili) accenni autobiografici (sapere che l'autore ha vinto un concorso per giornalisti in Rai senza raccomandazioni non è che ci farà dormire più tranquilli stanotte..) e anche i paragoni con l'estero sono piuttosto superficiali.
Trattasi di polpettone autocelebrativo stilisticamente mediocre. I contenuti, com'era ovvio, sono ancora più scadenti: il libro è un impasto di cronaca e banalità da cui, subdolamente, l'autore lascia colare un'ipocrisia untuosa -forse un patetico tentativo di dissimulare il senso di colpa- che in fin dei conti tende decisamente a sottostimare il fenomeno. Da non comprare.
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