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Più che un reportage d’assalto, come il titolo potrebbe lasciar presumere, una fotografia sulla situazione nel Kossovo nel primo decennio del nuovo secolo. Un focolaio perennemente acceso, nel cuore della ex Jugoslavia, segnato dalle atrocità della guerra, dalla difficile convivenza tra serbi e albanesi, e dal predominio di elementi paramilitari e di mafie locali, davanti a delle organizzazioni internazionali totalmente inerti quando non complici.
Ottimo saggio, ben documentato, che chiarisce cosa è accaduto prima durante e soprattutto dopo la guerra in Kosovo, con tutte le sue contraddizioni, come si dice in questi casi. Contraddizioni pressochè inveitabili quando si parla dei Balcani (per uno studio scevro da preconcetti ma assolutamente lineare consiglio "Maschere per un massacro" di Paolo Rumiz, breve ma esauriente saggio). Che il Kosovo sia uno stato ancora in divenire nella sua essenza era chiaro a tutti, che fosse un narcostato e per qualcuno "il peggior problema d'Europa" come hanno affermato Narcomafie e inchieste giornalistiche estere reperibili sul web invece è stata una sorpresa. Leggere poi del traffico di organi, che al tempo della guerra era un lungo "si dice" poi ancora peggio. Peccato solo che questo saggio non abbia avuto la meritevole attenzione che riguarda anche l'Italia
Il libro è pessimo,perchè svela le solite teorie sul kosovo come "narcostato ".E' ovvio che dopo una guerra ci siano traffici illeciti ,anche con il beneplacito della forza militare stanziata.
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